I BAMBINI AI TEMPI DEL VIRUS

Scorazzano nel cortile deserto, i due bambini, scivolando sui monopattini, evitando a pelo le panchine, le rastrelliere, i bidoni della spazzatura. Le scuole, causa epidemia, sono chiuse. All’inizio avevano salutato la notizia con esplosioni di gioia: niente lezioni per un po’, niente verifiche, niente interrogazioni, solo qualche compito da fare a casa, nulla più. Ma dopo un paio di giorni sono già stufi, le mamme sono insegnanti e neanche loro vanno al lavoro, ronzano sempre intorno a controllare gli esercizi sul quaderno e pretendono pure che leggano i libri che hanno ricevuto a Natale. E poi, che noia che barba che palle, non la finiscono più con le raccomandazioni: “Resta in cortile, non parlare con gli sconosciuti, non ti avvicinare a nessuno, ogni tanto spruzzati le mani col gel disinfettante, gioca solo con Tommaso, che di lui ci si può fidare, gioca solo con Matteo, che di lui ci si può fidare…”.
Era meglio la scuola, dice Tommaso a Matteo, parcheggiando il monopattino dietro la siepe. Vero, gli fa eco Matteo, e poi non ci fanno nemmeno più andare a casa degli altri. Si siedono sconsolati sulla panchina, si puliscono le mani sui jeans (altro che gel!), Tommaso tira fuori dalla tasca una chewing gum, di quelle lunghe, e sta per masticarla quando Matteo gli chiede se ne ha un’altra per lui. “No è l’ultima, ma facciamo così”: se la sfila a metà bella umida e pucciata di saliva, la taglia coi denti e zac, gliela schiaffa in bocca all’amico.
I bambini ai tempi del Virus.

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