USCIRE

Lancio un’ultima occhiata allo specchio.
«Sei sicura di voler uscire conciata così?»
Ci fosse mai una volta in cui vado bene.
«E poi dov’è che vai, scusa?»
Come quella volta delle ballerine. Un’offesa alla femminilità, alla sensualità o che so io.
«A fare la spesa.»
«Tu conciata così non vai proprio da nessuna parte!»
O qualche settimana fa, per l’aperitivo con le mie amiche. Lì erano i jeans che non andavano bene. Troppo a vita bassa per il mio culone.
«E poi, non sei andata ieri a fare la spesa? Ti sei già mangiata tutto?»
Non è giusto! Non è colpa mia se ho dovuto comprare le ultime patate rimaste. Erano tutte ammaccate e piene di parti nere: ne ho dovute buttare più della metà.
«Guarda che non vado fuori a divertirmi.»
«E ci mancherebbe altro!»
Sbuffo e mi torna uno sbuffo di rimando.
«Va bene, puoi andare. Ma copriti!»
Ho una maglia a collo alto e le maniche mi coprono oltre la punta delle dita. Faccio per protestare, ma appena apro la bocca ecco che vengo sgridata in simultanea.
«Copriti! Così sei pericolosa! Poi non ti lamentare perché te le vai a cercare!»
Guardo sulla toeletta davanti a me. Infilo l’orologio, tolgo una macchia dallo specchio che sembra un brufolo, metto in tasca la certificazione firmata, mi infilo la mascherina e i guanti. Mi guardo un’ultima volta mentre soffoco un colpo di tosse.

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