Matilde ha i capelli biondi e i lineamenti delicati. E’ una bambina dalla gentilezza scontrosa, che sembra non ignorare del tutto l’origine aristocratica dei suoi natali. Una coppia di anziani contadini l’ha adottata accogliendola in un’umile casa del contado lucchese.
Intorno alla storia di Matilde si aggregano e si ricompongono le vicende familiari di tre generazioni, a partire dal 1850, grumi narrativi che si sciolgono e si rapprendono nella leggerezza dell’episodio fiabesco o nell’implacabilità del canto epico: immagini che suscitano altre immagini, senza alcun ordine temporale, seguendo il destino di un orologio che passa di padre in figlio come un talismano che muta valore, o le geometrie di una poiana in volo che tutto vede e tutto sa.
Il paesaggio è continuamente percorso da sentieri irti e sassosi, sui quali caracollare ansimanti, rompendosi le scarpe. I prati e le piazze sono palcoscenici allestiti per la messinscena che è inganno.
Il narratore parla a se stesso e si racconta: scrivere è un atto di riparazione, restituire giustizia a chi non l’ha avuta, riconoscere la ferita originaria.
La scrittura di Giovanni Mariotti, in una lingua sapida e odorosa, impegna il lettore in un’esperienza vertiginosa, un solo periodo, lungo duecento pagine, senza punteggiatura, e senza alcuno sforzo virtuosistico: il punto finale si configge sulla pagina definitivo e assoluto.
Un capolavoro.
Giovanni Mariotti, Storia di Matilde, Adelphi