Chissà quanti insegnanti italiani conoscono la storia di Barbara Henry. Sinceramente, da ragazzo, la ignoravo anch’io. Quella della sua alunna invece, alla fine degli anni ’60, quando ero al liceo, mi aveva colpito. Sfogliando una rivista, l’attenzione era caduta sulla fotografia di una bambina nera che, per frequentare la prima elementare in una scuola per bianchi a New Orleans, aveva dovuto essere scortata da agenti dell’FBI, tra le proteste e le manifestazioni dei genitori dei bambini bianchi, terrorizzati che i propri figli potessero essere suoi compagni di classe.
Mi stupiva quanto fosse radicato il razzismo negli Stati Uniti, mentre a casa ascoltavo i Beatles e i Rolling Stones. Poi cominciai ad appassionarmi al jazz e, ben presto, compresi meglio quale fosse la realtà dei neri in America. Mi rammaricai di essermi reso conto di quella situazione, ascoltando i dischi e leggendo le biografie di Bessie Smith, Billie Holiday, Charlie Parker e non a scuola, dove quegli argomenti spesso non venivano neanche trattati.
In questi ultimi anni, quando sui giornali si è parlato delle proteste di certi genitori per le classi piene di alunni extracomunitari e di lamentele di alcuni docenti per le situazioni che si erano venute a creare, sono andato a riguardare la storia di Barbara Henry, la docente bianca che, a differenza dei colleghi che si erano rifiutati di impartire i loro insegnamenti alla bimba di colore, aveva accettato l’incarico.Questo il suo racconto.
“ (Per entrare nell’edificio scolastico) Ho dovuto farmi strada attraverso un mare impetuoso di manifestanti fino ad una barricata, dove ho incontrato un poliziotto a cui ho dato il mio nome. Tutta la mia vita, in un certo senso, mi aveva preparato per quell’istante. I miei primi momenti con Ruby li ricordo perfettamente. Una bellissima bambina nera, tutta vestita di rosa. L’unico indizio che stava andando a scuola e non a una festa era la borsa della scuola e il cestino del pranzo.”*
“Salimmo le scale per iniziare il nostro lungo, solitario e meraviglioso viaggio. I nostri unici compagni di classe erano gli agenti federali alla porta. Ero l’insegnante di ginnastica, l’insegnante di musica. Abbiamo cantato “Davy Crockett”. Abbiamo fatto i jumping jack (flessioni) e provato il salto con la corda. Ero certa che avrei dato a Ruby tutto quello che potevo, per aiutarla a diventare un’abile lettrice. Abbiamo creato la nostra oasi di amore e apprendimento. Ognuno di noi aveva un cuore libero da pregiudizi. Questo era il legame che ci univa, indomabile anche dopo molto tempo.” *
Per un intero anno scolastico Barbara Henry fu l’ unica insegnante in un’aula senza altri bimbi. Dopo molti anni, alunna e insegnante si incontrarono di nuovo. Ruby Bridges, la bimba nera, ormai adulta, le telefonò:
“Ciao, signora Henry.”
“Oh, Ruby,” dissi, “avevo sognato di incontrarti un giorno!”
“Beh, ho programmato di andare all’ Oprah show (talk show statunitense in onda sulla ABC dal 1986 al 2011, presentato da Oprah Winfrey), potremo andarci insieme…”*. “Quello fu l’inizio del nostro ricongiungimento. Abbiamo poi parlato insieme a raduni di educatori e persone da costa a costa…. È importante che i bambini si rendano conto che i risultati del passato dureranno solo se sono partecipanti attivi alla lotta per la giustizia e l’uguaglianza.”*
I sacrifici della bimba e della sua maestra non sono stati vani. La questione dei diritti civili, anche grazie a loro, ha fatto enormi passi avanti. Purtroppo basta poco a cancellare le conquiste democratiche. Oggi il razzismo continua di nuovo a fare proseliti non solo negli Usa, anche in Europa e in Italia. Il coraggio e la determinazione di quella meravigliosa bambina nera e della sua stupenda insegnante bianca priva di pregiudizi, ci sono d’esempio e ci spronano a contrastarlo.
Per il racconto di Barbara Henry si è fatto riferimento a: *Teaching Ruby Bridges. By Barbara Henry (As told to Scott Helman)” (clicca qui)