Un libro ironico e imprevedibile, con sconfinamenti nel realismo magico. In superficie, la trama è semplice: una donna, conosciuta solo come la Sposa, sta per sposarsi. Il futuro marito è premuroso, stabile e le dà un senso di normalità, ma non è sicura di amarlo, anzi.
La Sposa va a trascorrere una settimana prima delle nozze in un albergo di Long Island dove la settimana successiva si svolgerà la cerimonia, quando, rientrando in camera, riceve la visita di una cocorita. Non è esattamente una cocorita, la Sposa non ha dubbi, è la nonna scomparsa anni prima venuta da lei sotto mentite spoglie. E ha per lei un chiaro messaggio: meglio lasciar perdere il matrimonio, c’è una relazione affettiva ben più importante che lei deve farsi carico di ricucire.
Nei giorni successivi, il cammino verso l’altare diventerà un viaggio frammentato e surreale come solo i viaggi dentro noi stessi e nel nostro passato possono essere, inteso ad affrontare questioni a lungo sepolte in lei: dal fragile ma fortissimo rapporto con il fratello commediografo, che alla sorella ha dedicato un’opera teatrale basata sulla sua vita, alla madre incombente e anaffettiva, alle amiche vere o finte (su tutte, la sua damigella d’onore, Rose, una narcisista ben poco generosa che la guarda come “un mucchio di biancheria che spera venga messa via”, una delle rappresentazioni più brutali delle piccole crudeltà in un’amicizia femminile ‘tossica’ che abbia mai visto raffigurata), al suo lavoro, all’incidente drammatico che le ha segnato la vita.
Se non sai che sei viva è un romanzo sulla memoria, sulla confusione che si prova nel diventare una donna adulta, sul trauma, su come gestiamo certi frammenti di ricordi per formare la nostra personalità e metterci in grado di avere relazioni soddisfacenti. Su come i ricordi possono imprigionarci, ma anche liberarci. Su come sia possibile fare onore alle nostre esperienze e, infine e soprattutto, diventare ‘noi stessi’.
C’è molto, in questo strano e bellissimo libro: il disturbo da stress post-traumatico, il dolore, il perdono, le cattive madri, la femminilità, la monogamia e la natura del tempo stesso. C’è una donna intrappolata dal suo subconscio e dalle convenzioni sociali che lotta per reclamare il controllo sulla sua vita e sui suoi sentimenti. La rappresentazione di Bertino delle difficoltà della vita è ciò che rende il libro degno di essere letto, nonostante alcune tangenti oniriche e surreali distraenti; ma sono convinta che queste derive abbiano lo scopo fondamentale di distrarre dalla forza emotiva della storia e alleggerire la tensione.
In alcuni punti, il romanzo è cupamente divertente, poiché sottolinea le ordinarie assurdità e difficoltà della vita; in altri, sembra un sogno febbrile. Lo stile è tagliente e preciso, rapido, pungente: “Noi nervose, sensibili, acciaccate, criticate, manipolate, disperse, impanicate, bullizzate, pelle e ossa, iper-precise, pappemolli, pusillanimi, feticizzate, micromolestate, fifone insonni compulsive con modelli di riferimento e intestini vigliacchi, con dipendenze perverse e rovinose, legami famigliari pietosi, finite in un harem o risucchiate in storie morte e sepolte, murate vive dentro gli armadi e pigiate sotto i divanetti, troviamo già abbastanza complesso infilare il nostro cervello leso nel posto auto per utilitarie di un discount, figurarsi in qualcosa che si avvicini alla serenità, senza che qualcuno si metta a minacciare, Divertiti!”
Alcune pagine mi si sono stampate dentro, e ho amato infinitamente il coraggio della Sposa di decidere chi essere, come esserlo, e con chi: “Uno spostamento ne porta un altro, e di volta in volta ti ricavi il tuo spazio. Mi sono riassestata tante volte nel corso degli anni per permettere a me stessa di venir fuori”. È così, è proprio così.
Marie-Helene Bertino, Se non sai che sei viva, traduzione di Sara Fruner, 246 pagg., € 16,50
Bollati Boringhieri, 2021