La peste nella mente

Gli untori di una volta erano persone innocenti e indifese, spesso ebrei, che venivano ingiustamente accusati di diffondere surrettiziamente la peste, e venivano ammazzati – oltre che depredati dei loro beni. Sì, la ricordate la storia della Colonna Infame e del povero Giangiacomo Mora?
Beh. Invece gli untori di adesso ungono davvero. Senza magiche pozioni diffondono il virus sfiatandosi addosso mentre urlano che il Covid non esiste, che è il vaccino a uccidere, che vogliono la “libertà”. Uno strano rovesciamento di posizioni.
Eppure c’è qualcosa che unisce i cupi persecutori degli “untori” secenteschi ai cupi urlatori infetti di oggi. Una paura che li fa delirare.
Alla radice di tanto rovesciamento c’è sempre lo stesso fenomeno: il rifiuto di una verità insopportabile. Inguardabile.
Nel bisogno di dare ordine al caos, come bambini, cercano di prestare un volto al mostro che abita sotto il loro letto, un Tizio o un Caio o un Sempronio su cui riversare l’accusa. Si figurano il grande complotto. Il solito grande complotto contro di loro. Magari orditi da potenti ebrei. Perché il sonno della ragione genera mostri. Sempre simili fra loro. Spuntano dal buio delle anime meccanismi mentali profondissimi, ancestrali, possenti, che le difendono dalla realtà negandola.
Il terrore blocca la capacità di collegare, relazionare, selezionare le idee, dare proporzioni agli eventi. Al posto dei nemici occulti che ungono le porte delle case per spargere la peste, ora vengono figurati nemici occulti, che inventano una malattia inesistente per prendere il potere.
E i seguaci corrono per le piazze senza mascherine, gridandosi slogan fra loro. Untori veri. Covid sorride e ringrazia.

 

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