LO SPECCHIO DOPPIO

 

Quando uscì il meraviglioso Lessico Femminile (Neri Pozza), una cavalcata attraverso le scrittrici amate dall’autrice e tra le più autorevoli nella letteratura mondiale, leggendolo mi accorsi che traspariva un amore sconfinato, il debito di una formazione letteraria, la costruzione di una identità intellettuale.
Lo stesso percorso, con modalità leggermente differenti, Sandra Petrignani lo compie attraversando il metaforico paesaggio universale della letteratura maschile. E parlo di universale perché la narrativa maschile è ciò che ha guidato intere generazioni, ne ha costruito l’immaginario nel bene e nel male. Ha restituito storie e sentimenti, ha prodotto il senso dell’umanità e ha costruito un monolite che riproduce il pensiero, alimentandolo anche della sua potenza di genere. Il generale è sempre maschile, il particolare sempre femminile. Qui sta l’origine della faccenda spinosa e la letteratura non è da meno.
Petrignani, in Leggere gli uomini (Laterza) compie un’operazione straordinaria, lancia un ponte di connessione tra le parti, e comincia fin dall’inizio, dalle favole e i racconti per l’infanzia: Peter Pan e Kim e I tre moschettieri. Per passare poi ai libri radice, come li definisce lei, Tolstoj, Henry James, Goethe, Nabokov. Nei distinguo tra i vari autori da subito è presente lo sguardo femminile, di una bambina, poi ragazza e poi donna. Non si può prescindere da questo, noi siamo donne che leggono gli uomini, scrittori eccelsi che coprono lo scibile umano, come si può vivere senza Proust o Kafka o Dostojevski?
Il libro ha singoli capitoli che affrontano temi chiave, come il rapporto di questi maestri con La Madre, Il Male, la Morte. Ma anche, persino nelle autobiografie, la difficoltà di parlare di se stessi, arrivando al punto di negare di aver riproposto nelle pagine perfetti doppi di sé fin anche nel nome, vedi Roth, oppure Salinger fino al recente Carrère, tentando con ogni escamotage di aggrapparsi alla finzione che sempre esiste in ogni romanzo. Come sottolinea Sandra, gli uomini non usano lo specchio delle donne, usano il doppio. Nel capitolo dedicato al male, la specificità maschile emerge più che altrove, perché le donne di guerra per esempio scrivono pochissimo e lo fanno da fuori il proprio orizzonte, senza eroi o vigliacchi, senza trincee e duelli. Anche il Tempo è percepito diversamente, le citazioni di Beckett o Tabucchi riflettono questo universo temporale differente. Con un’eccezione: Marcel Proust, il più femminile scrittore della letteratura.
Il fosso più grande da attraversare è quello scavato nel capitolo dedicato al Desiderio, quindi alle donne, glorificate o disprezzate, amate. Sempre però viste da loro, gli uomini. Petrignani sceglie Nabokov che ha scritto Lolita, Kundera, quello sciupafemmine di Simenon. E aggiunge, dicendolo apertamente, che lei per capire i suoi scrittori, ha sempre avuto la spinta di conoscere anche le loro vite. Alcuni come McEwan, Moravia e altri li ha incontrati personalmente, e spiega con rara capacità di analisi quanto l’abbraccio tra come si è e come si scrive sia talvolta vivifico, altre volte mortale, ma sempre fecondo.
L’autrice parla anche, in un capitolo dedicato, dei suoi personaggi del cuore narrati in letteratura. La Lara di Pasternak o il pazzesco Bartebly di Melville, indimenticabili monumenti. Le citazioni che accompagnano questo o quell’altro scrittore, a supporto prezioso e preciso dell’analisi di Petrignani, sono di incomparabile bellezza. Un compendio di pensiero, lingua eccelsa, apice letterario.
Ho lasciato per ultimo il capitolo Terre Lontane, perché qui l’autrice si misura molto da vicino con la dimensione della fascinazione che esercitano luoghi a noi stranieri, che poi vengono restituiti così diversamente da ogni singolo autore. L’India è davvero l’altro da sé, eppure Moravia e Pasolini che la traversarono insieme, ne danno resoconti opposti, perché è il nostro sentire che influenza l’influenza dei paesi lontani. Un delizioso aneddoto ci racconta che quando Sandra Petrignani a Parigi incontrò per caso, e senza averlo dapprima riconosciuto, Abraham Yehoshua, spese grande apprezzamento per il suo Ritorno dall’India, dicendogli che lei viaggiando più volte in quel paese aveva trovato analogie emotive con lui. E Yehoshua rispose : ”ne sono felice, anche se in effetti non sono mai stato in India. lo scrittore non è un reporter, usa l’immaginazione”.
Viaggi veri in paesi sconosciuti li hanno invece fatti Chatwin e Michaux, grandi letture formative per l’autrice. Che a questo punto non poteva però non far entrare un’altra donna, oltre a De Beauvoir: Marguerite Duras e la sua Indocina. E’ una piccolissima digressione perché Leggendo gli Uomini si conclude con due autori molto amati, recentemente scomparsi, Daniele del Giudice e Gianni Celati. L’uno volava, al punto da scrivere racconti bellissimi dall’insolita posizione del pilota ai comandi, l’altro camminava indefesso, ruminando pensieri e storie. Erano comunque terre lontane quelle che visitavano, perché il loro occhio sapeva l’altrove.
Quando si finisce di Leggere gli uomini si prova una sensazione che si fa sempre più rara, di essere stata portata al centro della letteratura da una grande mente.

Editori Laterza, pag.272 costo 18.00 euro

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