L a mia tristezza oggi ha le sue sacrosante ragioni.
Mia nonna ha quasi 93 anni.
Ha vissuto una vita vera.
Ha preso ogni cosa che poteva.
Adesso però è mia nonna, alla sua ultima destinazione.
Siamo tutti silenziosi e spaventati
ma, come in un tacito accordo, restiamo muti.
A volte è vero che le parole si arrendono a sguardi giusti.
Che strane queste mie sensazioni,
non ho che calma nel cuore e tranquilla malinconia.
Io così facile preda delle più primitive debolezze.
Ripenso alle sue mani.
Come sembrano diventate piccole, la pelle è come carta velina.
Quante volte mi hanno sollevata e stretta. Non saprei dirlo.
Quante cose mi hanno detto e raccontato di mia nonna.
Quante le forme, le sfumature.
Ci vuole tempo, pazienza e riflessione per restituire la giusta umanità,
i limiti e i difetti alle persone che cresci guardando con gli occhi ciechi dell’ amore.
Però a conti fatti è bene così: in terra vivono gli uomini. Pochi i martiri. Ancora meno i santi.
L’ ansia ora è tutta in questo viaggio.
Dove solo quel che vorremmo non conoscere, ci è certo: la destinazione.
I tempi e i modi quelli ci mancano e gravano sulle nostre attese.
Sogno di una passeggiata nelle prime domeniche buone,
dove il sole si riappropria del cielo,
dove tutto è così limpido che l’ anima lo sente.
Rinnovati i colori, i profumi.
Passi piccoli e senza fretta, conta guardarsi attorno. Prendere coscienza.
Credo non ci sia di meglio che esserci ad accompagnare.
Lo so, la speranza è prigionia. Non ammette e non prevede alcuna pretesa.