Festa della Liberazione

Dice oggi giustamente Carlo Fusi, in un articolo in occasione del 25 aprile, che il nostro paese manca di memoria condivisa. Forse per spirito riconciliativo, non sottolinea un elemento cruciale: settanta e più anni di repubblica costituzionale non hanno ancora trasformato il popolo italiano in un unicum solidamente democratico. Le suggestioni fasciste e comuniste, che negli altri paesi europei rappresentano poco più di uno sfogatoio folkloristico sono, in forma variegata e subdola, tenacemente presenti nel nostro dna politico al punto di risiedere, costituendone parte essenziale, nelle maggioranze di governo locale e nazionale. Le ragioni di ciò affondano nella Storia e nella natura direi quasi antropologica dei partiti italiani, incapaci di assumersi responsabilità davvero didattiche, occupati come sono nella ricerca prioritaria dell’unico totem che conti: il consenso elettorale.
Ciò che, per convenienza e/o carità di patria viene spesso sottaciuto è che il ruolo svolto, in modo coercitivo ma paziente della DC, tra De Gasperi e Moro, non è stato più giocato da nessun partito laico e progressista in senso completo. Per motivi che andrebbero approfonditi una volta per tutte.
Ed eccoci, stavolta immersi nel gorgo tristissimo di una guerra che si affaccia alle porte d’Europa, ad augurarci reciprocamente una buona Festa della Liberazione: con poca convinzione, ripetendo slogan che, cristallizzati nella sabbia del tempo, hanno perso ogni reale significato.

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