UNA VITA FA

L’adolescenza, prima. E poi quelle cose che si sono perse, inghiottite nel tempo. Cose di cui, tuttavia, rimangono i ricordi.
Il telefono a gettoni al bar, con le cabine telefoniche a seguire, prima coi gettoni e poi con la scheda. Perché a casa era difficilissimo telefonare, non volevi che ti ascoltasse nessuno, figurarsi gli affetti più prossimi. Allora lo facevi nella piazza, curiosa nemesi. Nei paesini c’era la coda, con tutti che sostanzialmente conoscevano le storie altrui. C’era chi, da quella cabina, usciva sorridente o magari sognante, esattamente come ci era entrato, ma c’era anche chi piangeva, con le amiche pronte a consolare (te l’avevamo detto, non dovevi fidarti).
E poi c’erano i bigliettini, a scuola ma non solo, il diario segreto a cui si confidava quello che era davvero il mondo interiore. Le lettere scritte a mano. Era una scansione temporale differente, senza fare forzatamente i nostalgici o i passatisti. Però uscivi, compravi la busta dal tabaccaio, il francobollo, e poi a casa a scrivere. Va bene, no correggo, sì dai, vado a spedirla. Come non ti è ancora arrivata? Sì sì ho messo anche la foto della festa a casa di Roberto, stai tranquilla.
E ancora, il mare in estate, fatto di amicizie e di amori che sembravano reali. Ci sentiamo, ci vediamo, no dai non piangere, mentre ti abbraccia per l’ultimo saluto. E la cartolina l’ho poi mandata a tutti? Mi pare di sì.
Ricordi a caso, senza un ordine, semplici flash di un passato con pochissima tecnologia. Una vita fa, pensandoci. Ma, in fondo, la nostra.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto