Ginsberg l’aveva detto che i juke box avevano a che fare con l’idrogeno. Aveva indicato “ the machinery of night”, “the best minds”, “the angry fix”.
Oggi, entrando in un bar e non trovando più quel 45 che gira sotto una puntina dal movimento ipnotico, quella fessura in cui inserire le 100 lire, ti accorgi che qualcosa manca.
Non senti più la forza propulsiva che il brano scelto ti dava, mentre stavi con i tuoi amici, parlavi di politica, guardavi la ragazza che ti piaceva e nel frattempo ti accendevi una sigaretta per pensare ai fatti tuoi.
Le cento lire davano vita a una colonna sonora che ti faceva sentire protagonista della storia che in quell’istante stavi vivendo. Gli altri ti guardavano quando inserivi la moneta e ti dicevano metti Santana, metti i Procol, metti i Rolling.
Non erano solo “ tre minuti di felicità” era un flusso di energia che si propagava e si moltiplicava, che risonava nei calici di vino, nelle tazzine piene di caffè, mentre sentivi “La notte”, “Mi ritorni in mente”, “Non credere “,“ La canzone di Marinella“,“ Piazza grande “…
Allen Ginsberg Anni 60 Felicità