L’importanza dei luoghi, il cinema

 

Dopo aver fatto i compiti di scuola, nei lunghi pomeriggi della periferia genovese anni ’50, devastata dai riempimenti Ilva-Italsider, me ne andavo al cine. Sola.
Con pochissime lire riuscivo a vedere due film. Vecchie pellicole americane in bianco e nero. Le migliori erano quelle di fantascienza: L’Astronave atomica del Dottor Quatermass, Destinazione Universo, L’invasione degli ultracorpi.
Ogni tanto la pellicola saltava, e finché l’operatore non riusciva a riattaccarla non si andava avanti. Amavo quel mondo. I saloni puzzolenti di fumo stantio, le poltroncine ricoperte in velluto, dal colore indefinito, sfondate.
Con venti lire compravo dieci pescetti di liquirizia e venti tacchetti alla violetta.
I miei compagni d’avventura? Qualche pensionato, ragazzini, di solito in banda, perditempo.
Ricordo struggente, anche se trascina un retrò di schifosi molestatori pedofili. Ma, messa sull’avviso dai miei e non scema, sapevo come agire.
«Signor Maschera, c’è uno di quegli uomini cattivi che danno fastidio ai bambini!».
Il maniaco guadagnava rapido un’uscita di sicurezza, con la maschera infuriata alle calcagna.
E presto, nella vecchia sala, la magia ricominciava.

1 commento su “L’importanza dei luoghi, il cinema”

  1. francescopaolo volpe

    la genialità dell’espediente di legittima difesa m’affascina e mi riconduce al ricordo anch’io della vergogna di questi disgraziati, sovente presenti nei cinema, che, una volta smascherati, data luce alla sala, erano oggetto di disapprovazione unanime, senza se e senza ma, degli astanti, per nulla disposti al dibattito ed, anzi, inclini piuttosto – almeno qui da noi – a frizzi e lazzi (political del tutto scorretti) di dileggio, da vicolo, che costituiva esilarante intermezzo dello spettacolo,

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