Pane

Sto aspettando il mio turno, nel negozio di rivendita del pane. Davanti a me una signora tutta aggiustata, indossa vistosi gioielli, forse anche di bigiotteria, ma importanti .
Al suo fianco la figlia adolescente, che silenziosa, ascolta la madre nella scelta del pane.
Sí, perché la madre acquista il pane con il piglio viziato ed insoddisfatto con cui forse, al mattino, sarà passata annoiata in gioielleria a visionare i suoi non umili diamanti. Eppur “dai diamanti non nasce niente”, sentenzierebbe lucido e poeticissimo il Cantautore.
Con espressione del viso insoddisfatta, allontana con un chirurgico gesto della mano destra il tozzo di pane proposto dalla fornaia: “quello no, quello ha troppa mollica, quello non piace a mio marito, quello coi semi non c’è?”. Poi, con sorriso amaro, si rivolge alla fornaia ed esclama: “vorrei essere tentata da qualcosa di nuovo…”
La figlia si gira verso di me e mi guarda; dai suoi occhi capisco che non sopporta la madre, anzi ha lo sguardo implorante di un panino imbottito. Si sa che l’aria di montagna aumenta l’appetito, ma lei deve necessariamente adattarsi a questa madre, non educata, che propone in famiglia il pane non come alimento primitivo necessario alla crescita, utile a sfamare, ma come prodotto di lusso, da consumare a piccoli morsi, al punto di esserne tentati.
Ho sentito il bisogno di raccontare questo episodio per l’importanza che ho sempre dato al pane, compagno della mia crescita, merenda delle ore 16, amico del grappolo d’uva o del sugo rimasto nel piatto e poi quel gesto bello di condivisione, alla domanda: “me ne dai un pezzo ? Sì, tieni”.
Pane come amicizia, come fratellanza, come unione. Impariamo nuovamente da questi gesti semplici ad amare, ce n’è bisogno.

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