E’ come che avessi tanti figli per strada, sono dodici, come le porte antiche di Bologna. Mi aspettano ai semafori, la sera, al tramonto.
Giocolieri, mangia fuoco, equilibristi, acrobati, clown, trampolieri, musicisti, artisti di bolle di sapone, attentamente preparati, inventano giochi di strada, che durano il tempo tecnico di una sosta al mio semaforo rosso. Poi, pochi istanti prima del verde, cappello alla mano, si infilano tra le auto ancora ferme, ruotando velocemente gli occhi in cerca di qualche spicciolo.
La mia mano sinistra si affaccia dal finestrino e sembra dire :
⁃ sono qui… e lascia cadere qualche moneta che non fa rumore, perché il cappello e’ quasi sempre vuoto.
– tieni … ciao e sorrido
– grazie … ciao e segue un inchino con il capo, stringendo il cappello al cuore.
Strappami un sorriso, ne ho bisogno, chiusa qui dentro l’abitacolo della mia auto, con la rabbia che mi è rimasta nelle vene, tu anima leggera che con maestria mi incanti, eccoti già al bordo della strada, sul cordolo del marciapiede, una bevuta d’acqua da una bottiglia appoggiata a terra, sorretta dal palo del semaforo e pronto per i prossimi tre birilli da lanciare in alto, sempre più in alto e da riprendere al volo.
Buona fortuna cara ragazza, caro ragazzo.
mi piace molto