Ieri ha chiamato una signora settantacinquenne. Doveva prenotare una visita privata, in libera professione per l’esattezza. Aveva provato col servizio sanitario, ma l’attesa era davvero troppa.
“Signora”, le dico, “la prima disponibilità l’avrei mercoledì prossimo, alle 17. Costa 130 euro più due euro di marca da bollo”.
“Le chiedo scusa, ma potrebbe prenotarmi per la settimana dal 2 aprile? Così mi arriva la pensione e faccio meno fatica a pagarla”.
Oggi, invece, ultima chiamata. Chiama uno straniero, poco più che cinquantenne, estremamente gentile, dall’interno delle disdette. Mi dice che deve cancellare una visita cardiologica di controllo, con elettrocardiogramma, per venerdì mattina a Tortona. Aggiunge: “Mi cancelli anche l’ecografia dell’addome alle 12 a Novi Ligure”.
Gli dico: “Quindi lasciamo solo la diabetologica di controllo per le 14 e 30 all’ospedale di Alessandria?”
“No, mi cancelli anche quella. Tutte le prenotazioni di venerdì”.
“Non sarà semplice riprenotare tutto lo stesso giorno, anche se in ospedali differenti. È sicuro di voler cancellare tutti gli appuntamenti”?
“Sa, io faccio il camionista, ho preso apposta tutto venerdì, anche se mi sarei dovuto fare non pochi km. Però così avrei chiesto solo un giorno di permesso, ma il mio capo non me lo concede”.
“Mi spiace molto, ma sappia che le ricette, se non hanno più di 180 giorni, può nuovamente prenotarle richiamandoci” ribatto.
“Questa non è vita, è meglio morire che vivere così” chiosa lui.
Lo saluto, ribadendo il mio dispiacere.
Penso che ci sia qualcosa davvero di molto malato. E non sono i pazienti che mi chiamano per prenotare le visite.
malata è la sanità pubblica, perché la stanno uccidendo – devono aiutare i poveri evasori fiscali