Mia nonna non mi ha mai difesa dalla scoperta del male. Al posto delle favole, leggeva la cronaca nera. A chi le diceva di non farlo: ”è una bambina” rispondeva: ” è giusto che sappia tutto”. Ed era giusto così
A 8 anni le favole mi annoiavano a morte mentre ascoltare la nonna mi procurava piacere.
Poco dopo mia madre penso’ di fare l’abbonamento al” club della donna”. Arrivavano a casa romanzi per signorine che lei riteneva adatti a me e che io trovavo mortalmente noiosi.
Mio padre cominciò a passarmi altro, il Gattopardo, Pane e Vino di Silone, La luna e i falò di Pavese. E mi ripresi.
Il mio problema restava mia madre. Ambivalente e imprevedibile nelle reazioni,viveva l’amore come merce di scambio, “se fai questa cosa come dico io, ti meriti un bacio, ti darò un regalo, se no nulla”.
Credo che il suo matrimonio fosse stato un matrimonio d’amore.
Aveva l’infelicità scolpita sul viso.
Era lei che cercavo di proteggere, di afferrare. Nello stesso tempo tentavo di delimitarla, ma non funzionava.
Mi ripeteva: “È orribile essere compianti” e finiva ogni volta per chiedere coraggio,l’aiuto quotidiano ad affrontare la vita.
Tutti tornano presto o tardi, nel posto dove si sono sentiti amati, in una via, in una città, in un giardino. Lei non fece in tempo. Se ne andò ad appena 50 anni.
E io finii per sentirmi inadeguata, illegittima,senza alcun diritto di essere felice.
Confusi la libertà con molti errori e molte stupidaggini.
Di contro,facendo un lavoro pubblico, miravo alla stima e alla fiducia da parte degli altri. Ero tesa ad avere l’approvazione sociale pur sostenendo di ignorarla,perché millantavo di essere uno spirito libero.
Un antidoto al perfezionismo e all’impazienza restava la lettura.
Allo scadere del tempo massimo dell’immortalità, pur ostentando forza per celare le antiche fragilità,scelsi di vivere realmente,convinta che non esistono percorsi sbagliati.
Ed ecco l’ora delle finestre illuminate. L’ora della nostalgia, l’ora di chi va col passo affrettato per raggiungere il proprio posto.
Sperando che ognuno ce l’abbia un posto, nella sua finestra illuminata.