In principio ti piace.
Lui dice: «Sei solo mia» E a te partono cuore, stomaco e cervello. Tutti sul binario che porta alla passione.
Te lo dice al telefono, con la voce soffocata dal desiderio, in macchina, con la mano tra le tue gambe, al bar, mentre ti cede il passo stringendoti la vita.
Un mese? Forse tre? Facciamo sei. E il Sei mia si trasforma in:
«Chi cazzo è quello che ti guarda?»(Ma che ne so, non era amico tuo?)
«Se la smettessi di ridere sempre, forse attireresti meno l’attenzione.» (Io non rido, sorrido… non posso?)
«Ma come cazzo ti sei vestita?» (Ma se è lo stesso vestito che avevo quando ci siamo conosciuti.)
«Cosa sono quelle tette di fuori?» (Ma non è vero, si vede solo lo sterno.)
«Con questi pantaloni, si vede il culo!» (Io ho il culo!)
E la gioia diventa discussione, ogni sorriso una polemica, ogni vestito uno sguardo di traverso, ogni pantalone una revisione.
Sei sua, ricorda. «E come faccio a dimenticarlo? Mi ama, per questo è geloso».
E poi comincia a proibirti il cinema con le amiche. «Le amiche? Ma scusa che ti hanno fatto?»
Resisti perché ti dici che è solo sospettoso, che stai pagando lo scotto delle sue storie precedenti.
«Il mio amore lo cambierà!»
Invece non cambia niente. Te ne accorgi quando sei in trappola, quando è troppo tardi, quando ti spogli del burqa che hai volontariamente indossato.