Lasagna aritmetica

Fuori piove a dirotto da giorni.
C’è voglia di cibo calorico, tipo polenta, costolette di maiale… vino rosso fermo, pane croccante. E se giorni fa l’estate sembrava arrivare con tutta la sua forza e già postavamo le prime foto in riviera, con le infradito ai piedi, oggi incappucciati dentro a pile dismessi o giacche trapuntate, siamo in fila davanti al reparto gastronomia del supermercato. Abbiamo tutti una gran fretta e fame.
Al mio fianco un cliente osserva una ruola di lasagne ancora fumanti, molto invitanti.
“Numero 35“ chiama il commesso.
Risponde il cliente: buongiorno vorrei due terzi di lasagne – un attimo di silenzio imbarazzante, poi il commesso fiero dell’ultimo esercizio di matematica risolto venti anni fa, replica:
“CERTO”
e punta la paletta su una prima striscia di lasagna per essere autorizzato al taglio.
Il cliente n.35 esclama : no, guardi, quello è un terzo !
Allora il commesso, con sguardo dubbioso, sposta la paletta più al centro per procedere al taglio della porzione.
No, esclama nuovamente il cliente “quella è mezza porzione, io le ho chiesto due terzi“.
All’apparenza l’uomo si presenta distinto, molto tranquillo, credo non abbia nessuna intenzione di voler provocare, forse per lui la lasagna è un puro esercizio di matematica applicata.
La richiesta si fa difficile, tant’è che il commesso, con sguardo fisso e sbarrato ripete l’operazione del taglio, questa volta però partendo dal lato opposto della teglia.
Ribatte il cliente:
Si decida. Da quale lato vuole tagliare? In alto o in basso ? riferendosi alla teglia rettangolare.
Replica il commesso:
Mi dica lei, per me è indifferente.
Inutile chiudere questo folle racconto con la soluzione, questo esercizio di matematica applicata alla lasagna, non ha soluzione.
Ha però dimostrato l’imbecillità dell’uomo, che se da un lato si batte per la fame nel mondo, dall’altro gestisce la propria fame con centimetri, grammi e frazioni dell’intero.

“Ahimè, miseri noi, che cosa da nulla è un pover’ uomo. Noi tutti saremo così il giorno che l’Orco ci prende. Ma allora viviamo, finché godere possiamo”. (da La cena di Trimalcione).

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