È venuto il caldo tutto insieme e da che ci davamo dieci minuti per i bisogni base, siamo passate a un’ora di camminata, in cerca di refrigerio.
C’è poca gente in giro, così possiamo soprassedere sul controllo degli estranei in avvicinamento e goderci il panorama di città, le case. Mi sale subito il languore di immaginarci vite serene, atmosfere calde, certezze affettive. Le luci nelle cucine poi, irrorano ricordi di nonne, loro malgrado con la quinta elementare, che ascoltano nipoti ripetere la lezione di geografia, o di figli che preparano toast pieni a scoppiare (e infatti scoppiano) in sabati sera di genitori con maggior vita sociale in giro con amici.
Da giovane sognavo attici come tetti sul mondo, da cui raccogliere la benevolenza del cielo, adesso so che voglio stare con i piedi nella terra, vicina a dove comincia la vita, per poterne sentire la posata ragionevolezza e l’insondabile energia.
Mi manca il mio giardino, che ha raccolto, in vent’anni, lo stupore intonso per rinnovate fioriture, la speranza di tanti mattini, una fede lanciata via per rabbia, il sangue di una ferita in una buca nascosta.
Mentre passeggio e dai marciapiedi immagino il senso di tornare a casa – per trovare quale sollievo? per rinnovare quale patto? per sopportare quale destino? – stringo il guinzaglio e guardo la mia Talitha, per la quale io sono casa e per questo cerca sempre di proteggermi e di proteggere anche il nostro spazio vitale.
Ribolle la vita, nonostante il buio, fermenta, germoglia, si spegne e poi ricomincia, daccapo e ancora, più grande di noi che camminiamo vicine, e poco prima di arrivare al mio cancello lascio andare in un respiro quello che deve restare fuori, per il mondo, mentre in tasca sento il mazzo di chiavi e la fortuna di una cuccia, accogliente, per entrambe.
una scrittura vivace e potente
Poetica e piena di energia vitale
Da molto tempo ti avevo immaginata su La Rivista Intelligente è finalmente oggi ti trovo ❤
bellissimo, denso, profondo; ho trovato tanta sintonia. Grazie.
❤️