Luci nei cantieri

I cantieri di notte li associo a certi viaggi affaticati, su rotte che non avevo scelto, li rivedo attraverso le cornici rettangolari di quello che trovo sulla strada della mia passeggiata serale con Talitha.
Quello era un magnifico cantiere navale, sulla strada per Venezia, oltre il quale fumava il porto illuminato di Marghera. La notte era spesso plumbea e umidissima, c’era la stanchezza del viaggio fino a lì o l’inizio della fatica del rientro. Una rotta che si faceva a memoria, trascinando il peso della scelta di qualcun altro, nell’incastro diabolico che ti offre la delega della responsabilità.
I viaggi più difficili erano quelli in cui si apriva uno squarcio in cui riuscivo a chiedermi perché. Dentro l’abitacolo occupavo poco spazio ma di certo allungavo sempre il collo per godermi lo spettacolo dei grossi fari che illuminavano il luogo in cui l’idea di una chiglia, un ponte e delle cabine, prendeva forma, sovrapponendosi al disegno originario, via via che i saldatori e i falegnami procedevano nel lavoro.
Nella notte, i fari squarciavano anche il buio dei miei occhi e l’umidità si attaccava alla pelle, filtrando attraverso le lamiere dell’auto.
Il cantiere che vedo passeggiando con Talitha per adesso è un ammasso composto di cornici rettangolari, pilastri grezzi, ponteggi di legno su cui si posa la sabbia del Sahara che arriva da settimane con le piogge.
Una polvere gialla che copre tutto e tutto rende uguale, appiattito, uniforme, soffoca le grida di rabbia proletaria e le risate sulle terrazze illuminate a festa, le panche e i tavoli su cui si giocano partite a carte in dialetti del Bangladesh e i Range Rover che non possono restare sempre in garage.
Il cantiere che vedo ora mi sembra un passaggio e per questo mi viene voglia di scavalcare la recinzione e addentrarmi tra le ombre nette, salire da un piano all’altro lasciando scricchiolare le scarpe, aggirarmi nel silenzio di un’idea che prende forma, superando difficoltà, bugie e spartizioni. Forse oltrepassando una di quelle cornici si arriva in un’altra dimensione, una breve gita, anche solo uno sguardo oltre.
Ho sentito dei ragazzi che si dicevano, ridendo, ma che voglia di scavalcare ed entrare, e poi le voci si sono allontanate e ho riso anche io, chissà, magari domani. Sì, domani.

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