Una donna feroce

 Si stanno avvicinando le elezioni di novembre in America e, dopo il ritiro di Joe Biden dalla corsa alla Presidenza, non sappiamo se il suo Gabinetto sopravvivrà. Il Gabinetto americano equivale al nostro Consiglio dei Ministri, ma i loro ministri sono Segretari, e i ministeri si chiamano Dipartimenti.  Deb Haaland, prima Segretaria degli Interni donna e pellerossa, fra pochi mesi finirà il suo mandato. Nessun altro Segretario degli Interni nella storia degli Stati Uniti ha mai fatto tanto in tre anni e mezzo per proteggere e conservare il patrimonio della sua terra per le generazioni future. Sono le persone, nei posti chiave, che fanno o disfano la storia.

            L’amministrazione precedente, in soli quattro anni, aveva fatto scempio delle terre indiane vendendo diritti di estrazione mineraria, riducendo dell’85% le superfici dei Parchi Nazionali per lasciarle libere allo sfruttamento delle industrie del carbone, del petrolio e dell’allevamento del bestiame. Il predecessore di Deb Haaland, David Bernhardt, ex petroliere, cercò di smantellare il Dipartimento degli Interni, abolendo le protezioni federali sulla terra e sugli animali selvatici, permettendo la caccia e il disboscamento in terre finora incontaminate. L’allora Presidente Trump aggravò la situazione non fornendo alcun aiuto alle comunità native duramente colpite dalla pandemia. Trump accelerò i progetti degli oleodotti petroliferi Dakota Access e Keystone XL. Questi oleodotti, per non danneggiare le terre dei bianchi, passano per le riserve indiane inquinando le loro falde acquifere.

Il Dipartimento degli Interni di Trump ha sabotato la sovranità tribale (garantita da Trattati) per espropriare la tribù Wampanoag delle sue terre ancestrali in Massachusetts, e per impedire ad altre tribù di riottenere le terre rubate 70 anni fa dal governo federale. Le tribù Apache dell’Arizona hanno dovuto combattere contro il Servizio Forestale che voleva appropriarsi delle loro riserve per far spazio a miniere di rame. Per costruire il “muro” al confine col Messico, sono state violate le terre tribali della Nazione Tohono O’odham a suon di bulldozer e dinamite.

            Intanto Deb Haaland, sanguemisto del Pueblo Laguna (New Mexico), combatteva la sua battaglia di riscatto dalla miseria e dall’alcolismo che hanno decimato il suo popolo dall’arrivo dei Conquistadores spagnoli. Fin dalle scuole superiori Deb aveva trovato lavoro da un fornaio, ma era infelice per le misere prospettive ed era stata fermata due volte per guida in stato di ebbrezza. Quel senso di sconfitta e condanna all’estinzione è il trauma generazionale che ogni Nativo si porta addosso. Deb era troppo fiera per soccombere. Voleva andare all’Università, ma i costi sono proibitivi in America. Si è iscritta, lavorando giorno e notte con servizi di ristorazione per pagare le tasse scolastiche, vendendo vasetti di Chili cucinati e imbottigliati da lei stessa.

Sua insegnante all’Università del New Mexico era la grande poeta Joy Harjo, prima Poet Laureate Nativa, che chiese a Deb di farle da assistente. La vedeva arrivare al campus con la motocicletta e il casco. “È per risparmiare sui combustibili fossili”, spiegava Deb. Rimasta incinta e non potendo permettersi un appartamento, Deb ha vissuto per anni in una stanza d’affitto o dormito sui divani a casa di amici. Per mandare all’asilo la figlia, ha fatto la donna delle pulizie nell’asilo in cambio della retta.

Le infinite ingiustizie subite dalla sua gente, invece di deprimerla, provocavano la sua rabbia. Nonostante le difficoltà personali, è stata organizzatrice di base per la campagna presidenziale di John Kerry (2004) e poi per Obama (2008 e 2012). Nel 2016 si è accampata per giorni nei teepee dei Sioux di Standing Rock (Nord Dakota) che manifestavano contro l’oleodotto Dakota Access. Ancora la ricordano per la sua ricetta di Chili con carne che cucinava per i dimostranti. Conseguita la laurea in legge, la sua dedizione instancabile era così nota nel mondo politico che le fu chiesto di candidarsi alla presidenza del Partito Democratico del New Mexico, incarico che vinse.

            I Nativi Americani, dopo 500 anni di orchestrato sterminio, sono solo il 3% della popolazione americana, e nessuno a Washington li ha mai presi in considerazione. Nello Stato del New Mexico, però, la loro percentuale sale al 10%. Mobilitando i Nativi, nel 2019 Deb è riuscita a farsi eleggere al Congresso, a 59 anni, ed è diventata il deputato più povero, senza conto in banca, senza casa, ancora indebitata per i prestiti studenteschi contratti all’Università.

            Deb apre i suoi discorsi politici così: “La mia vita non è stata facile. Non avevo una casa. Ho tirato avanti per anni con i buoni pasto per i poveri e sono stata una ragazza madre. I miei nonni furono strappati alle loro famiglie quando erano piccoli e mandati in un convitto che ha cercato di distruggere la loro tradizione e identità. Queste esperienze mi hanno resa feroce.”

            Quando nel 2021 il Presidente Biden l’ha scelta come Segretaria degli Interni, Deb, con sua grande sorpresa, si è trovata a dirigere il Dipartimento che è stato storicamente responsabile del furto di terre indiane e del genocidio dei Nativi Americani. Le migliaia di sue Agenzie sparse per tutto il territorio americano erano ancora gestite da funzionari bianchi che non avrebbero attuato le politiche riparative che Deb progettava da Washington. Si è allora messa in viaggio per tutti i 50 Stati d’America, andando di persona a vedere, ascoltare ed agire secondo i bisogni e le richieste della gente. Il Dipartimento gestisce oltre 500 milioni di acri di terre pubbliche, quasi tutte rubate ai Nativi. Contiene 62 Parchi Nazionali, creati sottraendo terre agli indiani, e 574 tribù Native.

Un precedente Segretario degli Interni, nel 1851, aveva proclamato che il suo obiettivo era “civilizzare o sterminare” i Nativi. Deb Haaland ha affrontato il tragico caso dei Convitti Indiani, in cui migliaia di bambini nativi, strappati ai loro genitori con la forza, furono costretti ad abbandonare il proprio nome, la propria lingua e cultura. In questi convitti, gestiti da religiosi bianchi, i piccoli “selvaggi” subivano abusi fisici e sessuali. Intorno agli edifici “scolastici” sono stati trovati cimiteri di bambini senza nome. Deb crede nella giustizia riparatrice. I gestori religiosi di questi convitti dovranno riparare i danni causati ad intere generazioni di indiani. Deb ha creato anche un’Unità operativa per indagare sugli innumerevoli casi di ragazze indigene scomparse e uccise, per cui la polizia federale non ha mai mostrato interesse, ed ha stabilito una task force sul clima.

Quando parla al Congresso, Deb ama ricordare che il Campidoglio di Washington fu costruito espropriando le terre di una tribù nativa. Il debito verso la sua gente non sarà mai riparato.

Deb Haaland ha fatto rinominare 660 località geografiche che da secoli hanno nomi offensivi, insulti etnici, sessisti e razzisti. Ha aumentato da 20 a 200 il numero di terre pubbliche gestite dalle Tribù che le hanno abitate da tempo immemorabile. Ha protetto più di 12 milioni di acri di terre pubbliche dichiarandole “National Monuments”, “Wildlife Refuges”. Ha protetto spazi sacri ai Nativi dall’invasione e dallo sfruttamento industriale. Ha bloccato l’uso di milioni di acri di terre pubbliche intorno allo Storico Parco di Chaco Canyon e al Grand Canyon da ogni futuro sfruttamento minerario, come l’estrazione di uranio, che per decenni ha inquinato le falde acquifere, causando tumori e morte fra i Nativi.

Deb ha fatto investimenti di portata storica nelle Terre Indiane a favore delle comunità tribali, per la protezione dei diritti sull’acqua, e per ripristinare gli ecosistemi delle praterie e i bisonti. Se andrete in vacanza nel West e potrete ancora ammirare la sua natura incontaminata (e non miniere e oleodotti petroliferi), è merito di Deb.

 Un artista Apache, dopo la nomina di Deb Haaland a Segretaria degli Interni, proiettò a grandi lettere sopra l’ingresso del Ministero: “Il sogno dei nostri Antenati diventa realtà”.

Speriamo che il sogno non sia di nuovo spezzato a novembre.

6 commenti su “Una donna feroce”

    1. Grazie Patrizia, certamente sapevo della situazione dei nativi americani, ma il tuo articolo è illuminante.
      Speriamo che tanto lavoro non vada sprecato.

  1. Teresa Trivellin

    Molto interessante, Patrizia. Quel necessario racconto delle storie invisibili, delle “sottostorie”, che può aiutarci a cambiare prospettiva. Davvero grazie per i tuoi pezzi e per le informazioni mai scontati che ci dai. Per me utilissime a scuola.

  2. Valeria Frescura

    Grazie Patrizia per il tuo contributo illuminante su storie e persone in genere scarsamente considerate. Leggerti mi arricchisce sempre.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Torna in alto