Un pomeriggio, appena rientrati dalle lunghe ferie al mare, il problema esplode: Maria ha lavato tutta la biancheria e il resto, ma il tempo incerto non consiglia di stendere fuori e la cantina d’estate non ha i caloriferi accesi. «Non è che mi faresti il piacere di andare alla solita lavanderia e fai asciugare tutto, bene e almeno per 30 minuti?» La risposta è ovvia, visto che la busta con tutta la roba è stata già portata nella mia macchina. Un libro, il cellulare, la tessera e qualche spicciolo per ricaricarla e via. Ripenso, ormai in macchina e in movimento, che non ci ritornavo da quando lasciai, in aprile dello scorso anno, il mio ultimo libro, poche pagine adagiate tra altri volumi (come sempre refusi di grandi pulizie) di una mini-libreria, chissà se qualcuno lo ha almeno aperto.
Locali ampi, tutto pulito, lavatrici e asciugatrici splendenti, una macchina in movimento. Ci sono poltroncine comode e basse di color rosso che spiccano nel tutto bianco e grigio. Poggio su una di queste, libro e telefono e mi avvio con la grande busta prima al quadro di comando per ricaricare la tessera. Di natura sono poco propenso a queste cose e si capisce. Così l’unica persona presente vede le mie difficoltà, si avvicina e fa tutto lei prendendo dalle mie mani un pezzo da 10 euro, la tessera e dopo sentenzia: «C’era ancora un resto di 3,50 ora può asciugare per quanto le serve.» Grazie! Metto tutto il contenuto nella macchina prescelta, rigiro la grande busta, la piego e mi avvio alla poltroncina rossa. Ne avrò per una mezz’ora buona. Apro il libro. Butto l’occhio alla libreria, il mio libro è sempre lì, che bello sarebbe stato se qualcuno lo avesse portato via, mi rido dentro.
Ora che sono tranquillo e certo che riporterò tutta la roba post mare bella asciutta a casa, sfoglio il libro che mi ero portato ma vengo attratto dalla ragazza così premurosa, fa la spola tra macchina e quadrante per conoscere il tempo mancante alla fine dell’operazione. Fa movimenti decisi, è alta e bruna, gli occhi neri li avevo incrociati prima nel ringraziarla, scommetto che è una sportiva, le gambe che escono dagli shorts attillati sono lunghe e abbronzate, una bella ragazza insomma. Comincio a leggere ma penso ad altro. Lei si avvicina alla sua asciugatrice che ha completato il lavoro, prende la sua roba e dal carrellino la poggia sul tavolo per una sistemata prima di mettere tutto in una grande borsa. Saluta con un cenno quasi ammiccante, forse compiaciuta della sua buona azione e va via. Mi viene naturale rivedere il posto che aveva occupato che ora è vuoto. Ho un sussulto. È rimasto qualcosa di piccolo e bianco. Mi alzo, lo prendo e rivedo la scena della donzella che al ballo di corte fa cadere il profumato e ricamato fazzolettino, sperando che un cavaliere qualsiasi lo raccolga e glielo renda dopo l’ultima aspirata convenzionale dell’oggetto col suo profumo. Lo stringo e corro alla porta, ma la ragazza, svelta anche in macchina sta ormai lasciando il parcheggio con la sua Mini. Rientro contrariato, però mi viene di concordare con James Hillman quando dice, parlando di vecchi, che “via via che invecchiamo, un qualcosa dentro di noi vuole ritornare in stanze lontane dagli specchi polverosi”.
Ora il tempo per la mia asciugatura è terminato. Poggio la mutandina bianca che avevo tenuto troppo nel pugno e raccolgo la mia roba. Faccio la prova a dare una sistemata a t-shirt, pantaloncini, mutande da uomo conosciute, mutandine da donna, gradevoli, nere, color carne e anche bianche. Mi viene un dubbio, controllo la marca e mi sento morire e, fortunatamente senza testimoni, scopro che tutte le mutandine bianche possono appartenere a una sola persona e che nel caricare l’asciugatrice qualcosa era andata storta. Per fortuna che Mini e proprietaria se n’erano andate veloci. “Bella sconosciuta, mi hai fatto ritrovare tanta attenzione per la biancheria intima della mia amata moglie”!