Il mestiere più antico del mondo (alle radici della violenza sulle donne)

C’è una famosa canzone di Cole Porter degli anni ’30 che vale più di mille indagini e analisi pesate col bilancino per non urtare questo e quell’altro. È Love for Sale (1): puntando il dito contro il mercimonio del corpo femminile e strappando il viscido velo dell’ipocrisia, mette a nudo la cruda e crudele verità, insomma le canta- appunto – chiare.
“Amore in vendita/vendesi appetitoso giovane amore. /Amore che è fresco e ancora intatto, /amore che è solo un pochino insudiciato, …Lasciate che i poeti cinguettino d’amore/ nel loro modo infantile/ Io conosco ogni tipo d’amore/assai meglio di loro. /Se volete il brivido d’amore, /io ho già fatto la gavetta dell’amore; /amore antico, amore nuovo, /ogni specie d’amore tranne l’amore vero…”
Quasi un secolo dopo, il tema del ruolo strutturale del cliente delle prostitute nella violenza sulle donne è sempre tabù. Mentre prosegue la zuffa sul patriarcato – tra molti j’accuse, diversi mea culpa e poche comiche difese d’ufficio – non uno di quelli che si sono contesi e accaparrati il primo piano della pubblica scena l’ha, non dico preso di petto, ma neppure sfiorato.
Se non che, “Se non affrontiamo questo nodo sarà inevitabile continuare a leggere l’odiosa frase ‘il mestiere più antico del mondo’ riferita alle donne, mentre sono gli uomini senza nome che le comprano, e si sentono autorizzati a fare violenza chiamandolo sesso, la zavorra più antica e tossica che l’umanità ha sulle spalle”.(2)
Uno studio recente sull’universo della prostituzione ha dimostrato le relazioni pericolose tra la sopraffazione, la violenza, lo stupro, l’omicidio, e il loro sostrato per così dire’ morale’.(3)
Estraggo solo due passi dalla sintesi che ho trovato – con una certa difficoltà- nel web:
“Per loro [questi clienti] infatti ‘la tratta non esiste’ o al massimo coinvolge poche persone e ‘le vittime della prostituzione sono proprio i clienti, ‘sfruttati a causa del naturale bisogno di sesso tipico del maschio’. Anzi, dicono di preferire le donne dell’Europa orientale o le cinesi proprio perché provengono da Paesi in cui vi è il ‘dovuto rispetto ’ per il maschio e quindi manifestano remissività anche nei confronti dei clienti italiani.
Eccolo qui, il terrificante totem: : il “naturale bisogno di sesso tipico del maschio“, sacro e intoccabile, ma anche confortante per i suoi adoratori proprio perché identitario. Che comporta, ça va sans dire, il diritto di sottomettere spietatamente le prostitute, anche bambine, per soddisfare le proprie perverse pulsioni – asserite baldanzosamente in forma anonima, tutti padri e mariti esemplari quando c’è da metterci la faccia (vedi l’intero articolo su Micromega citato sopra).
Eppure, c’è chi volta le spalle al totem, non si riconosce in questa comunità clanica ideale, ed è nientemeno che la stragrande maggioranza dei maschi nel caso dell’Italia.
L’antico brutale retaggio non è dunque un destino né biologico né antropologico. Se lo fosse, non si spiegherebbe come mai i consumatori di sesso a pagamento in Italia sono “soltanto” un quarto della popolazione maschile (bambini e centenari esclusi). Un’enormità, ma comunque un fenomeno minoritario.
Mi domando allora perché i maschi che non soltanto non praticano, ma aborriscono il sesso a pagamento e tutto ciò che lo circonda, sono così reticenti, perché non fanno mai sentire, alta, forte e sdegnata, la loro voce e preferiscono invece lasciarsi rappresentare da una minoranza di criminaloidi.
Hanno paura di apparire deboli e poco virili? In che modo e in che misura sono invischiati in una rete di complicità consce e inconsce (anche femminili)? O sono schiacciati dal senso di colpa per una sorta di peccato originale, oppure, o anche, non sapendo che pesci pigliare, nel paese dove abbondano i Don Abbondio e le tifoserie, non vogliono immischiarsi in una questione troppo complessa e pericolosamente “divisiva”?
Finora, nessuna risposta.

Addendum – Una scelta femminista

A proposito di minoranze, osservo che di fronte a un esiguo numero di “sex workers” volontarie, a livello mondiale, 100.000 donne adulte, si agita la bandiera della libera scelta, ignorando la portata della prostituzione forzata: 52 milioni di ragazze e bambine!
Come nel caso del velo islamico, sarebbe una scelta “femminista”, in direzione opposta. In questa visione, le donne sono tutte potenzialmente “puttane” (inspiegabile eccezione, la mamma), che appena molli il guinzaglio, corrono entusiaste ad avere decine di rapporti nelle ventiquattr’ore, per denaro, certo, ma anche perché di base sono delle ninfomani. Poi ci sono le ragazzine sventate a caccia di esperienze trasgressive coinvolte nel sesso di gruppo, che se a volte degenera, consenzienti o no, “se la sono cercata”. Dal più becero nel senso comune alle teste di non pochi giudici parrucconi e mammoni dei processi per stupro, e di lì alle sentenze di assoluzione dei poveri maschietti irretiti dalle giovani sirene il passo è breve.
D’altronde, già si sapeva, “sono gli uomini le vere vittime.”

1) Le vicissitudini, le controversie, le censure, i fraintendimenti e l’immenso successo di ‘Love for Sale’ (leggi qui)

2) Prostituzione: se questo è un uomo di Monica Lanfranco su Micromega

3) Patrizia Romito, docente di Psicologia sociale all’Università degli Studi di Trieste, nella sua ricerca sull’universo della prostituzione (leggi qui)

 

 

5 commenti su “Il mestiere più antico del mondo (alle radici della violenza sulle donne)”

    1. simonetta bonito mastrolilli

      Letto ora…. Terribile ma vero! Approfondirò anche i link indicati. Grazie per averlo messo in evidenza Simonetta

  1. Francesco Caleca

    L’unico rilievo che mi sento di fare è che raramente viene evidenziato che i maschi consumatori di sesso a pagamento, almeno qui in Italia, sono netta minoranza, mentre quando qualcuno affronta il problema pare che la cosa riguardi tutto il mondo maschile. Secondo un saggio molto ben documentato che ho letto qualche anno fa, di cui purtroppo non ricordo né il titolo né il nome dell’autrice, la percentuale di maschi che usufruiscono di tale opportunità supera di poco il 9%, ben inferiore alla percentuale – 17% – dei soggetti – tanto per citare un altro “vizio” – considerati a rischio di alcolismo.

    1. Giovanna Nuvoletti

      per ora su FB ci sono maschi cercano argomenti per controbattere, per sminuire, per giustificare. Però devo dire che in altri ambiti ho trovato uomini collaborativi e solidali

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