“Ciò che cerchiamo nella letteratura non è la realtà, ma un’epifania della verità”. (Joyce, 1914)
Così James Joyce introduce il concetto di epifania nel suo libro “Gente di Dublino”: per lo scrittore irlandese l’epifania è un’improvvisa rivelazione spirituale causata da un gesto, un oggetto, una situazione quotidiana, che sembrano apparentemente banali, ma che svelano qualcosa di più profondo, di più significativo e inaspettato. L’epifania non si esprime attraverso il flusso di coscienza ma sembra la risultante di un altro tipo di tecnica narrativa. Partiamo dunque da questa tesi per parlare del senso che Azar Nafisi dà alla scelta del soggetto di Lolita nel famoso e famigerato romanzo di Nabokov. Ma forse dovremmo usare il termine oggetto. Scrivere in letteratura una storia non può certo essere solo descriverne l’aspetto cronachistico, ma cercare un collegamento tra un microcosmo fatto di oggetti, fatti, personaggi e un piano ulteriore a cui rimandare.
“Credo che se dovessi indicare il romanzo…che meglio di ogni altro riflette la nostra vita nella Repubblica islamica dell’Iran, non sceglierei “Gli anni fulgenti” di Miss Brodie, e nemmeno “1984”; semmai “Invito a una decapitazione di Nabokov oppure, meglio ancora, “Lolita”.(Nafisi, 2003)
Scrivere è dunque mostrare una epifania attraverso delle scelte, dei fatti che svelano il vero messaggio della scrittura. Leggere è vedere la realtà mostrata dall’epifania. Nafisi mostra attraverso la storia di Lolita la verità di Teheran, questa è l’epifania della sua scrittura: la persecuzione di un aguzzino su una dodicenne non certo ingenua, ma sicuramente non consapevole, denuncia il male che può arrecare la bestiale bramosia di un tiranno. Ma sia in Nabokov che in Nafisi e nei loro romanzi esiste il seme della ribellione. E il romanzo attraverso la sua narrazione offre una tenue speranza di riscatto,una speranza di vita. Questo avviene però solo se lo scrittore è grande e l’opera è un’opera d’arte. Entrambi gli scrittori usano la metafore della letteratura per indicare la via d’uscita, quasi clandestinamente, come sotto una dittatura nascono e si diffondono messaggi criptati ma per gli adepti determinanti.
Infatti, Nabokov usa un linguaggio di rara perfezione estetica e nonostante l’argomento trattato, di rara poesia. E Nafisi parlando di letteratura e di romanzo denuncia una condizione di terribile deprivazione dai più autentici diritti dei cittadini e delle cittadine sotto dittatura. Il linguaggio, la sua eleganza, offrono una speranza di riscatto dall’abiezione e dalla rinunzia ad una vita propria e quindi l’auspicio di poterne iniziare una nuova fuori dalla persecuzione.
Così Nafisi: “Nella Repubblica islamica l’insegnamento, come ogni altra professione, doveva sottostare alla politica e ai suoi capricci. La gioia di insegnare era costantemente guastata dalle aberrazioni e dalle storture che il regime ci imponeva”.
Questo serve a capire meglio Lolita ma anche a comprendere la scelta di una scrittrice iraniana sottoposta alla legge della cosiddetta Rivoluzione komeinista, di leggere Lolita clandestinamente a Teheran e credere fermamente che la letteratura possa sorprendentemente offrire a chi e’ vittima la chance di un riscatto che passa per le parole, la poesia, l’arte e pur narrando dettagliatamente e quasi cinicamente cronache di eventi drammatici, giunge anche ad aprire spiragli al sogno, alla fantasia di una via d’uscita. Così Nafisi inizia a sperare di lasciare un mondo di implacabile asservimento fisico e morale per un altro diverso, ideale forse per lungo tempo: pensare alla libertà, iniziare una concreta e rischiosissima ricerca di essa.
“Nell’autunno del 1995 dopo avere dato le dimissioni dal mio ultimo incarico accademico, decisi di farmi un regalo e realizzare un sogno. Chiesi alle sette migliori studentesse che avevo di venire a casa mia il giovedì mattina per parlare di letteratura”. E lì, in quella stanza fuori dagli sguardi controllori dei vigilanti, assorte nel loro sogno di letteratura e libertà, Nafisi e le sue allieve riscrivono la loro personale “Lolita”.
Nafisi ne comprende l’epifania e fa di “Lolita” il testo sacro di una nuova religione, quella della speranza in un mondo nuovo. Nafisi infatti pur con rischi spaventosi riesce a fuggire da Teheran e trasferirsi per sempre in America, dove insegna letteratura nelle università, sì, letteratura. Potrebbe somigliare al senso dell’esistenza di Lolita, ninfa, farfalla, vittima, oggetto di desidero perverso, creatura errante, perversa anche lei, senza più una storia personale, proprietà di un maniaco, esule da se stessa, inchiodata ancora viva ad un muro di soggezione, di ricatto. Ma scapperà Lolita, pur tra vicissitudini incredibili E anche Nafisi dalla sua Teheran soggiogata, dalla vita, dalla cultura, dalla storia di un popolo bloccate, trafitte, con le ali spezzate come Lolita. Ma spesso un popolo non ha l’immediata coscienza del disfacimento a cui andrà incontro, la storia dei regimi totalitari ce lo insegna. L’assuefazione è graduale, lenta; il coinvolgimento è studiato con perizia dalla mente degli aguzzini. La perdita delle radici, delle libertà, dell’identità è via via un’ingravescente conseguenza. Lolita dimentica di essere una ragazzina di dodici anni, di avere già una breve storia, di avere delle emozioni, dei sogni, dei sentimenti o di starli sviluppando.
Il regime totalitario non ammette l’esistenza del pensiero dell’altro, considera questi una sua proprietà; Humbert considera Lolita un suo spazio, dove espletare i propri incalzanti, ossessivi bisogni sessuali. Non ha mai pensato all’identità di questa ragazzina, alla sua vita prima del suo arrivo, ai suoi pensieri. Se ne è impossessato non uscendo mai da se stesso. Non c’è spazio per gli altri nella mente di un dittatore, essi sono parte del corpo e della mente del suo totalizzante essere.
“Ho bisogno che anche tu lettore cerchi di pensare a noi perchè altrimenti non potremo esistere davvero. Contro la tirannia del tempo e della politica, cerca di immaginarci come a volte neppure noi osavamo fare […] E’ di Lolita che voglio scrivere, ma ormai mi riesce impossibile farlo senza raccontare anche di Teheran. Questa dunque è la storia di Lolita a Teheran di come Lolita abbia dato un diverso colore alla città, e di come Teheran ci abbia aiutate a ridefinire il romanzo di Nabokov e a trasformarlo in un altro Lolita: il nostro”.
Col suo romanzo/saggio “Leggere Lolita a Teheran” Azar Nafisi offre una convincente interpretazione della famosa “Lolita” di Nabokov, della funzione del romanzo, e della letteratura. Ancora è l’arte, narrativa, pittorica, poetica, che invia messaggi pur attraverso rappresentazioni di straziante cronaca. Le vittime rappresentate dalla letteratura più grande non possono mai essere intrappolate.. Creature viventi nel gioco dell’invenzione che rimane e diviene universale perché a differenza della cronaca ha rispondenze.