Questo è un post sull’inclusione.
Un post scritto da una persona autistica ADHD per le persone sia autistiche, sia autistiche ADHD, sia ADHD, sia neurotipiche.
Se non è un argomento di cui volete leggere, passate oltre.
Se invece è qualcosa che potrebbe interessarvi, state attenti: c’è da ridere.
O forse da piangere…
Come molti sapranno, la mia è una scuola privata.
Per frequentare questa scuola MI TIRO LETTERALMENTE IL MAZZO.
E non solo perché sono autistica, ma anche perché ho un paio di lavori e un paio di figli.
E nella vita non è che si può lasciare indietro niente, si sa, senza la prospettiva di mandare tutto in vacca.
La mia università ha alcuni protocolli attivati proprio per le persone con disabilità, con bisogni educativi speciali, con particolari esigenze didattiche, con la 104, con piani personalizzati…
Insomma, quelli come me: i rompicoglioni.
Poiché ho ricevuto una pubblicità interessante che incensava moltissimo un ateneo concorrente, ho telefonato all’ufficio orientamento e ho chiesto cosa ci fosse di così speciale in quella struttura.
Mi e’ stato detto che ci sono modalità di studio complete, insegnanti riconosciuti world wide web (sic!), metodi innovativi e protocolli sperimentali.
E allora, dopo quei quattro o cinque minuti di cicalata recitata a memoria, ho posto la domanda.
No, scusate.
La Domanda. Quella con la D maiuscola. Quella che ogni impiegato dell’ufficio orientamento (evidentemente) non vorrebbe mai ricevere.
Che protocolli avete per l’inclusione scolastica?
Dislessia? Disortografia, discalculia, ADHD, autismo?
Che strumenti compensativi o dispensativi mi offrite?
Dopo qualche istante di lieve imbarazzo (e greve difficoltà) la risposta che nessun rompicoglioni di cui sopra vorrebbe ricevere: NESSUNO.
Sono rimasta lì, la cornetta sospesa tra la tempia e il polso, quasi congelata in un istante alla Matrix.
“Quindi mi sta dicendo che non fate inclusione?”
Rinfrancato dal non avermi ucciso con la terrificante risposta, il soggetto a questo punto ha incalzato.
“No, infatti. Niente inclusione da noi. Oddio, se presente una disabilità con percentuale maggiore del 60% si può non pagare la tassa universitaria regionale. Ecco, questo sì.”
E lì mi ha trovato.
“Ma questa non è inclusione. Questa è una riduzione disabili, la stessa cosa che viene fatta al cinema, a Gardaland o al museo della merda. Le sembra inclusione?”
“Eh no, infatti non facciamo inclusione, gliel’ho detto.”
“E questa decisione a cosa sarebbe dovuta, mi scusi?”
“Eh piuttosto che a cosa, a chi: quel soggettaccio (sic!) del Ministero (dell’istruzione) ha dato la possibilità ad ogni ateneo di adottare o meno protocolli di inclusione e così noi…”
“E così voi avete naturalmente deciso di non adottarli.”
“Esatto.”
“Che cattivoni, al Ministero…”
“Ma vero? Mi dispiace proprio.”
“Immagino. Arrivederci.”
Avete capito?
Il Ministero dell’Istruzione da’ agli atenei privati la possibilità di scegliere se fare o meno inclusione con gli studenti disabili e loro han pensato bene di non farla.
Praticamente un po’ come lo Stato, che dando la possibilità di comprare le pistole e i fucili automaticamente non c’è da meravigliarsi se la gente ammazza il vicino per un parcheggio.
Il cattivo non è chi imbraccia il fucile.
Il cattivo è chi non ti vieta di comprarlo.
Eh.