La fine del ventennio

Tutto contribuisce, nell’ ultimo volume dell’ opera di Antonio Scurati iniziata nel 2020 con “M, il figlio del Secolo”, al completamento di un affresco a tinte accese del ventennio fascista con particolare attenzione al grande incantatore di folle Benito Mussolini: né Storia né romanzo propriamente detti, ma di sicura efficacia letteraria e divulgativa.
Nel quarto tomo di un lavoro divenuto ormai ponderoso, scocca inesorabile per il Duce (lo avrebbe detto lui in persona) l’ora del Destino, nascosta e poi rivelata con tutta la brutalità possibile, nel fatale 1943.
È però un determinismo alla rovescia, com’ è noto, a dettare il più drammatico dei finali per l’ Italia travolta dai venti di guerra violenti quanto contraddittori. L’ immagine di Mussolini vinto, esautorato dal Gran Consiglio e poi subito arrestato a Villa Savoia è quella di una favola nera, tristemente ricorrente per i dittatori.
Scurati ce la racconta descrivendo stavolta gli ultimi tre anni del ventennio (probabilmente preparandosi ad affrontare in seguito la tragedia della guerra civile) con la consueta cifra narrativa, appassionata e precisa, nonché arricchita da quei tratti romanzeschi che ne hanno fatto un godibile successo editoriale. La storia delle cocenti sconfitte belliche in Nordafrica e Grecia, il sogno tutto mussoliniano di entrare al Cairo da trionfatore, la sciagurata disfatta di migliaia e migliaia di fanti italiani sulla linea del Don, le imprese sognate e vissute dal tiranno in caduta libera come ossessiva ricerca di un’ ultima spiaggia da rubare al sempre più sprezzante alleato tedesco: tappe di un crollo annunciato ma costantemente negato, alla nazione ma in primis a se stesso, in un rovinoso processo psicopatologico di rimozione.
Le vere attrazioni di questo quarto volume scuratiano sono alcuni personaggi laterali: Erwin Rommel, funambolico generale di Hitler nel deserto libico e il suo aristocratico contraltare italiano Caccia Dominioni. Il truce assassino di Matteotti, Amerigo Dúmini, viscido ricattatore del regime, riparato in Cirenaica e capace di mille trame personali per salvarsi la ghirba tra Italia, Africa e America. Lo spietato generale Roatta, astuto e feroce capo dei servizi segreti fascisti, emblema dell’ ambigua pochezza dei vertici militari italiani. La coppia più glamour del fascismo da bere, Galeazzo e Edda Ciano, quest’ ultima in veste di crocerossina di lusso addirittura nelle pianure gelate della Russia estrema.
L’ abilità più evidente dell’ autore, infatti, non consiste tanto nel fornire nuove interpretazioni di fatti storici ormai universalmente accertati ed accettati, quanto di immaginare, con arguzia, tic, risvolti caratteriali, qualità e debolezze di protagonisti e comprimari, come fossero inquadrati da un’invisibile macchina da presa, nelle loro partecipazioni a riunioni magari cruciali per gli esiti di una guerra mondiale ma anche e soprattutto nella dimensione più umana e personale del privato. Ed è qui forse che Scurati dà il meglio di sé.
Magari con qualche concessione di troppo all’ enfasi e alla frase ad effetto.
Difficile però ignorare in queste righe la circostanza, divampata mediaticamente come l’incendio di uno dei miseri carri armati italiani allo sbaraglio nella Cirenaica del ’42, in cui l’autore ha pensato bene di confondere il regime totalitario di allora col governo di centrodestra attuale, in carica a seguito di democratiche elezioni e non certo a suon di legnate. Scurati monologhista in occasione del 25 aprile 2023 è apparso fuori fase e poco
lucido, finendo per iscriversi lui, in un paradossale contrappasso storico, alla cerchia degli inquisitori a caccia di streghe da bruciare. Peccato.

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