Ieri sera, finalmente, ho abbandonato il mio guscio domestico per andare all’Ariosto a vedere il film Nero a metà- Pino Daniele. E sono uscita delusa e arrabbiata.
Mentre il pubblico in sala era deliziato e sui titoli di coda è esploso unanime in un’ovazione, io l’ho trovato, come si dice a Milano, una “menata” tremenda; non ricordo di essermi mai annoiata tanto in anni.
Mi aspettavo un’immersione nei filmati rari dell’epoca e nella sua musica meravigliosa, arricchita dallo svelamento/approfondimento di aspetti inediti o meno noti – almeno a me – della sua persona, della sua vita e del suo entourage, della Napoli di allora, dei suoi eredi…
Qualcosa c’è , ovviamente, ma nell’insieme è l’inverso: tolti i brevi, e comunque insufficienti, spezzoni di filmati con Pino Daniele, inseriti en passant come intercalari di un discorso che lo riguarda tangenzialmente, e un paio di eccellenti esecuzioni attuali dei suoi brani da parte di un giovane Esposito e della grande veterana Fausta Vetere (gioco di parole inevitabile), per la maggior parte del documentario i riflettori sono puntati sul cerchio magico dei musicisti e produttori : simpatiche vecchie cariatidi, narcise e logorroiche che parlano per lo più di sé o di loro come gruppo, incensandosi, sia pure con allegria e giusto un pizzico di ironia.
Il tutto grondante esaltazione mitologico-campanilistica su un “pedale” fisso di piagnisteo vittimistico -ma perché?-.
Risultato, un’agiografia e un’apologia – ma de che?- indigeribili. Peraltro di tutti, tranne che di Pino Daniele!
Uff!
Pino Daniele Produttori Vittimismo
brava Margherita, ogni tanto bisogna dirlo, Lui era un genio, ma il film è uribil!