Eutanasia di una professione

Ci sembra utile una spiegazione. Chi legge potrebbe trovare strano che dedichiamo in pochi giorni due articoli a un argomento sicuramente importante (la professione di geometra e la selezione dei geometri) che non rientra però negli interessi abituali di questa rivista. Lo facciamo innanzitutto perché l’Autore tratta il tema con una competenza, una partecipazione, diremmo una passione che colpisce e coinvolge chiunque. E – altro pregio – lo fa con un linguaggio chiaro e comprensibile a tutti. Non basta: dati della realtà sociale come questo, se considerati e narrati nel modo che a noi appare giusto e creativo, assumono anch’essi un significato culturale e possono suscitare – come l’Autore dimostra – idee e perfino emozioni profonde. Vogliamo insomma dimostrare che – a certe condizioni – non c’è argomento estraneo a Larivistaintelligente; a condizione che sia trattato con scrittura attenta, per una lettura facile e veloce. Quanto ai contenuti siamo sempre aperti a precisazioni e opinioni difformi, purché documentate ed esposte in modo rispettoso. La Redazione

La figura professionale del Geometra è stata, per decenni, una tra le più solide e prestigiose del panorama lavorativo in ambito tecnico (edilizia, perizie, pubbliche amministrazioni…).
Era una peculiarità tutta italiana, fiore all’occhiello di un sistema d’istruzione che il Mondo ci invidiava. Ecco, sarà stata la “φθόνος τῶν θεῶν” o magari invece la mania tutta italica di rompere le cose quando dimostrano di funzionare bene, ma da una quindicina d’anni si segnala una dissennata libido di stravolgerne il significato e il percorso formativo.
All’inizio, ci hanno pensato le reiterate riforme del Ministero, che hanno svuotato di contenuti i “vecchi” corsi geometri riducendoli agli attuali anonimi “C.A.T.” (Costruzioni, ambiente territorio).
Più recentemente, il colpo di grazia lo ha inferto l’istituzione della laurea breve abilitante, grazie alla quale si reciterà il definitivo “De profundis” per la categoria.
Alla base di questo scempio, molto probabilmente, la cronica fame di iscrizioni delle Università italiane, per le quali avviare nuove facoltà significa assicurarsi decine di corsisti con tutto quel che segue in termini economici e di gestione di potere.
Così, al solito grido di “è l’Europa che ce lo chiede!” si è sacrificato uno dei pilastri della gestione territoriale per far nascere un’improbabile figura di Laureato junior altrimenti detto “tecnicus nec caro nec piscis”.
Ma va ricordata anche la volontà autolesionistica del Collegio Nazionale di categoria di spostare la formazione di tali tecnici presso un improbabile livello universitario (legge bislacca, piena di lacune concettuali, velleitaria e per questo destinata ad un disastro annunciato) che ha sostanzialmente condizionato le scelte dei potenziali studenti in arrivo dalle medie inferiori, prima riducendo ai minimi storici le iscrizioni ai suddetti corsi CAT, poi facendo piombare a cifre risibili i candidati all’Esame di Stato per la abilitazione alla libera professione.
Quello che appare davvero inconcepibile è consentire l’accesso ad una facoltà universitaria abilitante a studenti provenienti da qualsiasi esperienza precedente (istituti alberghieri, coreutici, linguistici…).
Solo per fare un esempio, si ammette che un iscritto, dopo aver sostenuto un esame semestrale teorico di topografia (svolgimento da febbraio a maggio), abbia le competenze per eseguire aggiornamenti catastali ed operazioni cartografiche.
Intanto, si va avanti al grido di “rompete le righe”. Ogni Ateneo si è creato, per la facoltà in questione, una propria denominazione e un proprio piano di studi.
Così, se alla Sapienza di Roma abbiamo “Tecniche per l’edilizia e il territorio per la professione del geometra”, all’Università di Bergamo vantano “Ingegneria delle tecnologie per l’edilizia” e a Chieti – Pescara propongono “Professioni Tecniche per l’Edilizia e il Territorio”.
Le cifre, di là dalle inutili parole dei convegni nati come funghi presso molte Università italiane, parlano chiaro. Le attuali Commissioni per l’abilitazione (vige a tutt’oggi in un sistema a doppio canale e non si sa ancora quale sarà il futuro) si sono trovate davanti questi numeri:
ANNO Candidati
2017    4135
2018    3685
2019    3388
2020    2743
2021    2335
2022    2962
2023    3136
2024    2615
Cifre drammatiche, che certificano un calo costante ed anzi un incremento della flessione, con la perdita record dell’ultimo anno, di circa il 20%.

In tal senso, resta incomprensibile l’annuncio trionfale dell’ex Presidente nazionale dei Geometri, che solo l’anno scorso (dichiarazioni su “Italia Oggi” del 3 ottobre 2023) esibiva un entusiastico ottimismo per TRE anni consecutivi di incremento delle domande d’esame, dimostrando così di non sapere fare i calcoli, infatti il lieve incremento riguarda solo due anni.
Ora, nell’ipotesi più che ragionevole che la professione del geometra possa rivestire ancora un interesse per i giovani in cerca di lavoro e sicuramente sia utile per la società civile, produttiva ed amministrativa di questo Paese, per mantenere un regolare ricambio generazionale, alle Commissioni o ai Corsi di laurea non resterà che aprire le maglie della selezione, andando a pescare dal sempre più misero serbatoio dei papabili anche quanti precedentemente non sarebbero stati ritenuti idonei (si veda il mio intervento su questa stessa Rivista in merito alla preparazione dei Candidati).
In tale quadro tutt’altro che esaltante, spicca il sostanziale disinteresse della base dei Collegi. Parliamo dei Professionisti che, magari nell’illusione di una minor competizione lavorativa con nuovi giovani colleghi, dimenticano quanto siano importanti i numeri che una categoria professionale può mettere in gioco nel sistema delle rivendicazioni e delle competenze professionali.
Per non parlare, ovviamente, del futuro previdenziale della categoria.
Ma il silenzio impera.

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