Il segreto scellerato di Alice Munro

Alice Munro è stata la prima canadese, scrittrice di soli racconti, a ricevere il Premio Nobel nel 2013, a 82 anni. Allora nessuno sospettava lo scandalo che sarebbe scoppiato alla sua morte, nel 2024.
Ho sempre letto i suoi racconti sul “New Yorker”, la rivista che dal 1977 ne ha pubblicati più di 50. Ammiravo il suo stile di discorso indiretto, l’eleganza con cui intrecciava tempi diversi di narrazione. Il contenuto dei racconti, però, non mi coinvolgeva: storie di donne che abbandonano i figli per un’avventura amorosa; donne passive che fantasticano di essere sottomesse a uomini pericolosi. Munro iniziò a pubblicare negli anni sessanta, quando scrivere di adulterio era trasgressivo.
Nata nel 1931, Alice era di origini povere e, quando si ribellava alla morale puritana della famiglia, la madre le aizzava contro il padre, perché la picchiasse. Essendo la maggiore di tre figli, Alice dovette prendersi cura della madre malata di Parkinson, finché vinse una borsa di studio biennale per l’università, e non tornò più a casa, neppure per il funerale della madre. Negli anni ‘50, una donna non sposata e senza soldi non aveva futuro. Finita la borsa di studio, Alice abbandonò l’università e a 20 anni sposò uno studente di famiglia altoborghese, Jim Munro, che le garantiva sicurezza e la incoraggiava a scrivere. Jim acquistò la “Munro’s Book Store”, a Vancouver Island, una delle più belle librerie del mondo, in un edificio neoclassico con i pavimenti in marmo. Anche dopo il loro divorzio, la libreria di Jim prosperò, favorita dalla crescente fama della scrittrice.
Alice non sapeva guidare un’auto, era dipendente dal marito in tutto. Margaret Atwood, che conosceva Alice dagli anni sessanta, dice di lei: “Non era molto abile nella vita reale”. Sono molti i suoi racconti di mogli disperatamente dipendenti. Donne che tradiscono il marito per essere a loro volta tradite e abbandonate dall’uomo che desiderano.
Giovane madre di tre figlie, Alice aveva poco tempo e concentrazione per scrivere un romanzo. “Scrivere era così importante per me che avrei sacrificato qualsiasi cosa”. Munro era ambivalente verso la maternità. Disse di essere grata per le tre figlie, ma che “probabilmente non le avrei avute, se avessi potuto scegliere”. Oltre alla scrittura, anche l’attrazione sessuale era imperiosa abbastanza da farle lasciare marito e figlie per un veterano di guerra di cui si era invaghita all’università, senza essere ricambiata. Dopo la pubblicazione dei suoi primi racconti, nel 1974 Alice fu intervistata dalla CBC Radio. Il veterano Gerald Fremlin, geografo disoccupato a casa con la vecchia madre, la notò e ricordò la cotta che Alice aveva avuto per lui. La contattò. Pochi mesi dopo Alice si trasferì in casa sua.
Gerald Fremlin era il tipo esibizionista, piacione, che riduce tutto a uno scherzo, ma le figlie di Alice lo consideravano un bullo, che derideva e umiliava Alice, trattava male i suoi amici per isolarla da tutti. Alice non sembrava poter fare a meno di lui, e subiva. Si comportava come alcune donne delle sue storie, che si sentivano non amate, ma non riuscivano ad abbandonare l’uomo che le umiliava.
La scrittrice sposò Gerald nel 1976 e quell’estate la figlia minore di Alice, Andrea, andò a passare le vacanze con la madre in Ontario. Alice dovette partire all’improvviso per assistere il proprio padre in fin di vita. Nelle notti in cui la scrittrice era assente, Gerald si espose davanti alla bambina di 9 anni, e cercò di farsi masturbare da lei. Rientrata a Victoria dal padre Jim, Andrea raccontò l’abuso alla famiglia, ma Jim non volle informare Alice e fece giurare alle figlie di non far parola dell’accaduto. Disse loro che se Alice avesse saputo non avrebbe più scritto, e questo l’avrebbe uccisa. Tutti mantennero il silenzio, tutti volevano dimenticare e proteggere la reputazione della scrittrice.
La povera Andrea era però esposta al pedofilo ogni estate. Una volta, in piscina, Gerald fece commenti umilianti verso la moglie, e Alice, sdegnata, rientrò in casa, lasciando la piccola Andrea sola in acqua col marito, che ne approfittò. La scrittrice non era del tutto ignara della pericolosità di Gerald. Una vicina l’aveva informata che la propria figlia piccola era stata molestata da lui. I vicini gli avevano precluso l’accesso alla loro casa, ma poi lo riammisero perché era “l’anima della festa”! Nessuno pensò a proteggere Andrea, né il padre né la madre. Le molestie continuarono per parecchie estati, finché Andrea raggiunse la pubertà, e allora Gerald perse interesse.
Andrea diventò bulimica. Soffriva di terribili emicranie dalla notte del primo abuso. Sedici anni dopo, a 25 anni, trovò il coraggio di scrivere una lettera alla madre, raccontando la verità che la famiglia aveva coperto per paura che Alice andasse in pezzi. La scrittrice, sconvolta, partì per la casa estiva sulla costa, lasciando sul tavolo la lettera di Andrea perché Gerald la trovasse. Gerald scrisse subito a Jim e ad altri familiari per dare la propria versione dei fatti. La piccola Andrea era una Lolita, lo aveva sedotto. Gerald scrisse dettagli delle molestie sessuali e minacciò che se Jim avesse osato denunciarlo, avrebbe pubblicato foto della bambina discinta.
Cinque giorni dopo, Alice tornò dal marito, convinta che la figlia lo avesse sedotto. O, come pensa Margaret Atwood, forse temeva che una scrittrice famosa di mezza età non avrebbe più trovato un compagno. Nel racconto “L’amore di una buona donna”, la zitella Enid non riesce a dormire, perché l’uomo che adora è un omicida. Enid sceglie la complicità con l’assassino per godere dei benefici del matrimonio.
La scrittrice sospettava che Gerald avesse violentato e ucciso la dodicenne Lynne Harper, trovata morta in un bosco nel 1959. Il caso non fu mai risolto. Jim consolava la figlia abusata ripetendo che il tempo guarisce tutte le ferite. Andrea, sentendosi invisibile e ignorata, tagliò i ponti con la madre e il padre. “Era come se i miei genitori avessero ricevuto un video di me che venivo stuprata e non avessero fatto nulla”.
Poco tempo dopo, la libreria Munro festeggiò l’uscita del romanzo di Ann-Marie MacDonald sull’uccisione di Lynne Harper. Andrea, esasperata, vedeva il padre che socializzava e brindava su una storia di stupro simile alla sua. Alice sfogliava di nascosto i diari della figlia Jenny per trovare dettagli che potessero ispirarla. “Cambiava poche cose, ma la storia era vera”, riferisce Jenny. Nel racconto “Cena del Labor Day”, l’uomo dice alla donna che ha le ascelle flaccide ed è disgustato dal suo corpo che invecchia. La donna indossa allora camicie con maniche. La scrittrice disse in un’intervista: “Ho paura di arrivare alla fase in cui provi ancora attrazione sessuale, ma non sei più considerata un possibile oggetto sessuale. Questo è per me l’orrore assoluto”.
Andrea mostrò alla madre la lettera che Gerald aveva scritto a Jim, in cui confessava la molestia. La scrittrice si limitò a dirle: “La lettera non è indirizzata a me”. È osceno il diniego e la dissociazione da una realtà criminale di cui lei stessa era complice. Andrea decise di usare la lettera per fare causa a Gerald, che fu condannato nel 2005 a due anni con libertà condizionata, e gli fu proibito di contattare Andrea o visitare parchi giochi. Sembra una pena lieve per un abuso protratto per anni. Il detective che interrogò Alice disse che “non faceva che denigrare la propria figlia”. Il processo fu condotto escludendo la stampa, per proteggere Alice, che pensò di sparire a casa di amici. Quando fu sicura che non ci sarebbe stata copertura mediatica, tornò da Gerald.
Sono molti i racconti di abbandono materno scritti da Alice. Prevale l’atteggiamento fatalistico, la negligenza calcolata di chi cerca di sopravvivere, di chi si sente sempre vittima, come Alice si sentiva vittima di infedeltà. La vera vittima, sua figlia, non contava nulla. Jim Munro, durante un’intervista disse: “Alice è molto più egoista di quanto si possa sospettare”.
Andrea dovette attendere la morte della madre, nel maggio 2024, per essere ascoltata. Pubblicò un editoriale sul “Toronto Star” in cui rivelò che il suo patrigno Gerald Fremlin l’aveva molestata da bambina, e che Alice Munro era rimasta sposata con lui dopo aver saputo la verità, e anche dopo la condanna di Gerald per abusi sessuali. Alice era stata irremovibile: qualsiasi cosa fosse successa tra la figlia e il patrigno, non riguardava lei. Anche se la scrittrice non aveva abusato della figlia, il suo comportamento connivente è ingiustificabile.
Dati gli ostacoli della provincia rurale canadese, una scrittrice donna può sentirsi legittimata ad anteporre la propria vocazione al marito e ai figli. Gli uomini lo fanno da secoli. Ma abbandonare la figlia piccola in mano al marito pedofilo, non accorgersi di nulla nonostante l’allerta dei vicini, eppure scrivere racconti sull’argomento, giustificando la propria indifferenza materna… C’è un limite morale alla libertà dello scrittore, o l’ambizione artistica diventa un patto faustiano col diavolo.
Alice Munro scrisse il racconto “Vandali” subito dopo aver saputo dell’abuso. È la storia di una donna il cui marito ha molestato la bambina di un vicino in piscina, proprio come era successo ad Andrea. La donna non riesce, o non vuole ammettere quel che è successo, e non fa nulla. Dopo 20 anni, il vecchio pedofilo è ricoverato in ospedale e sua moglie telefona alla molestata, ora adulta, per chiederle di andare a controllare la loro casa, dopo una forte nevicata. La ragazza entra nella casa e si vendica buttando tutto all’aria e rompendo il vetro di una finestra. Il racconto mi sembra un’ovvia metafora di quel che Alice Munro pensava della figlia: una vandala ha messo a soqquadro la mia vita!
Il racconto fu inserito nella raccolta “Open Secrets”, tradotta col titolo italiano “Segreti svelati”. La meno poetica traduzione dell’idioma inglese è “segreti di Pulcinella”, quando tutti conoscono il segreto, ma fingono di non saperlo.

5 commenti su “Il segreto scellerato di Alice Munro”

  1. Silvana Sonno

    È una testimonianza orribile di una personalità che antepone il proprio io malato alla sofferenza di un’altra donna, sua figlia per giunta. Ma qui non si tratta solo di Alice, perché tutto il suo éntourage sembra coinvolto in questa sporca vicenda, la stessa Atwood che ne parla tirandosi indietro. È la rappresentazione del disvalore attribuito alla vita femminile se non è sostenuta da ricchezza successo sguardo connivente della cultura maschile. Non basta buttare fango addosso ad Alice ora che lei è morta, Andrea non sarà mai risarcita di quanto le è successo, tanto meno rendendola protagonista di un gossip famigliare inserito in una cornice letteraria, che storie come la sua ha premiato con un Nobel.

  2. Orribile storia, tanto che la mia mente la rifiuta e mi viene da dire: era una donna malata, co-dipendente.
    Mi rendo conto che non riesco ad accettare e cerco delle giustificazioni a tanto orrore da parte di una madre e di un padre.
    Povera Andrea, le auguro di trovare un po’ di pace nonostante tutto.
    Grazie Patrizia!

    1. Patrizia Tenda

      Possiamo trovare tutte le scusanti del mondo, infanzia difficile, molestie subite. Tante madri le hanno avute ma non condannano i propri figli all’orrore. E che dire del padre? Costringere la figlia piccola a subire per anni un pedofilo perché la libreria Munro non fosse travolta dallo scandalo? Alice Munro, quando fu informata, non andò in pezzi. Anzi, produsse più storie sulla pelle della figlia, fino a vincere il Nobel. Goethe mostra nel suo “Faust” come la lussuria e l’ambizione sfrenata fanno perdere l’anima.

  3. D’accordo su tutto, anche e soprattutto sull’interrogativo centrale e terribilmente inquietante: basta il risultato artistico per compensare un orrore morale diretto e personale che grida vendetta? Di tanto in tanto qualcuno se lo chiede ma resta senza risposta. Sarebbe interessante sapere se è quanti artisti uomini si sono macchiati di colpe paragonabili e nessuno ha posto neppure la questione

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