Le avventure di Porro si svolgono nel caldo californiano della mia cucina, alle ore dodici di un giorno qualsiasi, e hanno come protagonista il nobile ortaggio, che si spoglia del verde delle sue foglie, indossa una maschera d’olio e, con grande maestria e delicatezza, vince su tutti e dona ricchezza e consistenza ai piatti.
I suoi nemici sono i palati della guarnigione McDonald’s, comandati dal sergente Big McGarcia. Fedele servitore di Porro è l’uovo Bernardo, che per lui si fa in otto, assieme ai tre fedeli Caballeros: Pamigianos, Sales y Pepes.
Io, novella Lolita innamorata di Porro e abile nell’uso della padella antiaderente, prendo il Porro, lo faccio rosolare, aggiungo dell’acqua, lo faccio stufare (non certo di me) e poi raffreddare.
Nel frattempo, con Bernardo e i Caballeros, corro in suo aiuto, mescolo tutto insieme, rimetto sul fuoco, impugno la padella come una spada e finisco di cucinare la mia frittata di porri.
Semplice come la giustizia, ricca come i sani principi, nobile perché combatte la tirannia dei grassi. Un piatto che mette tutti d’accordo e lascia il segno, il segno di Porro.