Durante la sua carriera, Rudolf ebbe molte case. La prima la comprò a Parigi nel 1961, quando, alla fine di una tournée, chiese asilo politico in Francia: è affacciata sul Quai Voltaire e sul Louvre, Nureyev la stipò di opere d’arte. Poi una villa in Costa Azzurra, immersa nel verde e a picco sul Mediterraneo, lui che fino a ventitré anni non aveva mai visto il mare. Ancora una villa nel Mar dei Caraibi, a Saint Barthelemy, accanto alla spiaggia dei nudisti. Un attico a Montecarlo. Un lussuoso appartamento a Londra, a Richmond Park. Un altro a New York, nel Dakota Building, l’edificio dai tetti inclinati e i dettagli barocchi, dove i vicini di casa sono Lauren Bacall, Leonard Bernstein, John Lennon e Yoko Ono. In Virginia si innamora di un’antica magione di campagna, in stile georgiano: è lì che tiene un organo su cui, a orecchio, suona le fughe di Bach. Ma la casa che più ama – tre ville e una torre saracena – è quella de Li Galli, i quattro isolotti del piccolo arcipelago al largo della costa amalfitana: vivrei qui sempre, se non avessi impegni in tutto il mondo.
Muore nella casa più vissuta, quella di Parigi, il 6 gennaio del ‘93. Ho tante case, ma non ne ho nessuna, disse un giorno. La casa è il luogo dove c’è qualcuno che ti aspetta. La casa per me è il teatro, dove mi attende il mio pubblico. Forse per questo, Rudolf preferiva vivere in albergo.