Il giallo del buon vino

 

Il professor Sublimio, docente di calligrafia cosacca alla quinta università di Chiappaghiozzi, girava e rigirava le bottiglie dell’angolo enoteca nel suo solito negozio di specialità. Leggeva le etichette e mormorava.
«Chissà chi è quel pazzo che da qualche anno ha cominciato a mettere i solfiti nel vino. Roba da delinquenti! E quel ladro di Ganimede, che si ostina a voler vendere questo veleno, a dire con sfacciataggine che ci sono sempre stati! Che addirittura vengono fuori dall’uva quando fermenta! E che comunque prima, ai tempi di quel caro contadino di Barabbone e della sua fraschetta, addirittura lo scioglievano dentro le botti. Che assurdità! Che ci vuole a fare il vino? Pure gli ignoranti lo sanno fare, prendi l’uva, la pesti e la lasci lì. Senza sozzerie. Che ci vorrà mai a fare un buon vino, biodinamico per rispettare l’ambiente, una bella etichetta e un bel tappo di sughero? Potrei pagarla anche cinque euro, una bottiglia così. Magari di un bel Brunello frizzante.»
Posò tutte le bottiglie, cambiò scaffale, e prese su un’abbondante dose di uva passa del Klondike per soddisfare la sua golosità con l’ultima ricetta copiata alla tivvù da Monsterchef.
Il commissario Magretti, che aveva assistito a tutta la scena senza perdersi nemmeno una sillaba, uscendo dal negozio di Ganimede accese la sua pipa elettronica e disse tra sé e sé: «Ho già capito chi è il colpevole!»
Il professore fu arrestato, condannato a zappare la vigna sotto il sole, a potarne i rami con fatica sotto il severo sguardo di due gendarmi della Compagnia della Vite, infine a vendemmiare. Per dimostrargli che un ignorante come lui no, proprio il vino non l’avrebbe saputo fare, fu costretto a bere l’orribile poltiglia, venuta fuori dall’uva che a malapena era riuscito a spremere a pedate per lasciarla poi lì a fare i fatti suoi fino a novembre.
Gli furono mostrate le due pasticche di solfito affondare nel grosso silo del vino vero, che subito si fece chiaro e bello, e il Mago Merlino gli rese possibile vedere quanto altro solfito liberasse il mosto stesso. Infine fu condotto sulla piazza di Montalcino, dove su una grossa lavagna espiò scrivendo millenovecentocinquantacinque volte Brunello frizzante lo dice solo un ignorante.
La cattedra di calligrafia cosacca restò vacante per lungo tempo, e da allora i cosacchi non sanno più scrivere. Al professore, per paga, furono dati cinque euro e un biglietto sola andata per il Klondike, con l’assicurazione che lì avrebbe certo trovato la migliore uva passa del mondo, meglio che a Pantelleria.

Immagine: Roberto Calvino

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