Immagine: Sogni, Vittorio Matteo Corcos. 1896

Premonizioni, glicini e coccinelle

I l glicine sopra la rete di recinzione del campo di tennis. Il prato di papaveri dietro la stazione. Io. Tu. La palla sbatte sulla rete provocando una pioggia di fiori. Il vento, che a folate porta via l’inverno, fa inchinare i papaveri al tuo passaggio. Raccolgo la pallina e la metto nella tasca dei pantaloncini. Ti chini a prendere un papavero. C’è un petalo di glicine sulla pallina. C’è una coccinella sul papavero. Il petalo resta nella mia tasca. La coccinella sul tuo cappottino.
Lontani nel tempo e nello spazio. Entrambi, per simpatia, vicini alla natura. Alla sorgente. Tu razionalmente, io per istinto, ma assai distratto. Mi accorgo solo ora, dopo tanti anni, che io corrispondevo alla tua premonizione. Non mi sono sforzato. Ho avuto la sola accortezza di farmi trovare. In ritardo, beninteso. Il glicine sulla rete c’è ancora, anche se il campo di tennis è ora di calcetto. Non l’hai mai visto. Ti ho lasciato fuori dalla mia vita e mi sono tenuto fuori dalla mia premonizione. Questa è la colpa che non potrò mai espiare. Invece il campo di papaveri io l’ho visto. Mi hai fotografato. Esattamente così come mi volevi. Solo oggi capisco che ero esattamente così come mi avrei voluto anch’io.

 

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