Ti taglia la strada, così, all’ improvviso, senza freccia accosta e lo scooter scarta e si sposta, per non centrarlo.
“La freccia!!” urli indignata, da sopra le due ruote, nel finestrino aperto. Lui ti guarda scoperto, sorpreso e volgare “che cazzo voi?” Non vedevi l’ora, già ritorta di prima mattina, la rabbia della vita repressa si innalza in cima “deficiente, assassino!” e rallenti alla sua altezza.
Lui si sporge, il braccio teso e minaccioso “vedi d’annà a fanculo”, e lo sguardo truce è reso. Siccome non demordi e gli rispondi “ sei un coglione, sei un perfetto italiano che se ne infischia e fa quel che gli pare”, lui spalanca lo sportello, vuole strafare. E ti viene sotto il naso, il casco non è a caso, “ stronza, nun te permette” e gli schiuma la bocca, un suo sputacchio colpisce la mia giacca, e io mi ghiaccio.
Vorrei invece caricarlo come un toro a testa bassa, furiosa sarei pronta a ricacciare l’omicida, accettare la sfida, rimetterlo in riga. “Io te stacco l’occhi” mi sussurra, “Io te spacco er culo, io te mangio viva”. Allora veloce sgaso via, scappo lontano dal cannibale disumano, con una rabbia nel cuore che diventa avvilimento e dolore.