A morire sono sempre i poeti

 

Essendo dati: la Firenze degli ‘anni di piombo’, un intreccio di esistenze oscillanti , un imprendibile assassino e un caso di femminicidio dai contorni poco chiari, la passione della verità costa assai cara ad uno scrittore inglese in cerca di riarmo letterario e trapiantato in città dopo la fine di un non dimenticato amore…

 

Su questa trama ampiamente allusiva, nel convulso alternare di sentimenti privati e circostanze storico-ambientali, si dipana la eccellente virtù narrativa di Francesco Serrao che, nel suo recente ‘Assassino dal cappotto blu’ procede col ritmo tipico del ‘giallo’ e però approda ad una metaforica conclusione quando enuncia la irredimibile ed oscura identità della mano di chi alla fine toglierà la vita allo scrittore fin troppo coinvolto in una indagine sconfinata dall’artificio letterario : ”…l’assassino non è un essere misterioso, forse è uno qualunque tra i passanti, gira nei bar, nelle piazze deserte davanti alle case ferme di notte sotto la luna, va allo stadio spesso, ci sembra di conoscerlo, la sua macchina la conosciamo, ma lui è andato via sempre un atttimo prima…” . L’assassino è dunque tra noi: a morire sono sempre i poeti.

 

Poeta, ancor prima che prosatore, Francesco Serrao ha esteso il potere irradiante della parola nel campo analitico della cronistoria ed elabora una finzione letteraria che si offre al lettore come ‘oggetto ansioso’ nella percezione del lato ‘magico’, spaesante e imprevedibile della realtà.

 

Elio Pecora, nella prefazione al ‘giallo’ di Serrao, elogia con intelligenza i pregi della scrittura: ‘…a cercare affinità e ascendenze di questa prosa, così prossima alla poesia per grazia e velocità di descrizioni….basti risalire a certa narrativa e a certo cinema dei francesi anni Settanta, ma anche accostarsi alla narrativa del Modiano recentemente insignito del Nobel…’. Meglio non si poteva dire.

 

Francesco Serrao – “Assassino dal cappotto blu” – Editore Laruffa, pp. 92, 10 Euro, 2015

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