A vucella ‘e freddaster

“Sai che è? Mi scoccio… almeno sentess’ ‘a vucella ‘e freddaster…”
Che poi quando uno le cose le vede scritte sembrano assolute, fuori dal tempo e dallo spazio… ‘a vucella ‘e freddaster… e che è?

Milano, reparto pneumo, eccellenza italiana, totale confidenza nella qualità, garantita dalla presenza di familiare nel team.
Papà, mio padre, l’immortale, il glorioso, relegato in corsia, espropriato di tutto, in pigiama, radiolina… “mi scoccio, almeno ‘a vucella ‘e freddaster…”

E te lo porto io papà domani, promesso.
Non è facile trovarla; alle Messaggerie musicali stentano a capire l’ urgenza, che è solo mia… Io ti devo trattenere, io posso sfidare l’assurdo, io posso tentare l’impossibile, io… e lo farò, non mi è precluso nulla finché sei qui, te lo porto io freddaster!

Torniamo a casa. La permanenza, nonostante l’eccellenza, è stata inutile. Ancora non lo sa, in casa si alternano momenti di euforia, di promesse e di disperazione… Io ho la mia carta, ‘a vucella ‘e freddaster.
E quando canta “ heaven, I’m in heaven”, e quando danza e quando nella voce avverti la promessa e l’astronave di lustrini e paillettes annuncia “a fine romance”…papà, ce la farai, ce la facciamo

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