Acido sulle donne

 

Acido. Fetido.
La soda va di moda. Si compra ovunque e costa poco, si danno 2 lire a un delinquente, non si rischia niente. Pulire pulisce, un lavoro di fino senza sporcarsi le mani. Mia madre mi diceva attenta! quando la versava negli scarichi del bagno. Sulla bottiglia c’è il teschio, io ne stavo lontana. Ora la soda è più vicina, è l’arma senza porto d’armi, è lo sfregio rabbioso che dura due secondi e rovina per sempre. Ti acceca, ti brucia, ti divora. È punizione, vendetta casalinga, atto vigliacco. I mezzi punitivi ormai passano con scioltezza dalla pistola al coltello, dalle botte al rogo. Dopo lo stupro, le fontane di acido (di indiana memoria) che sfigurano, cancellano, elidono i volti. Nella feroce dittatura cambogiana ogni scritta, ogni cartello, ogni segnale veniva coperto da una vernice bianca che li rendeva illeggibili. Un paese scomparso, senza più identità. L’acido ha lo stesso compito: erode i tratti, deturpa i corpi, elimina il sé. La cancellazione del femminile prosegue implacabile, è un genocidio, uno sterminio pianificato. Troppi uomini non capiscono, non sanno, non conoscono, non accettano più la vita nelle sue forme, impongono la legge violenta, sopprimono.
E allora il tempo è venuto. Anche se cresce la voglia, a noi donne, di tornare a dettami biblici, un occhio tuo vale un occhio mio, preferiamo ma esigiamo nuove durissime leggi per antichi orrendi reati.

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