Addio Mankell, addio Wallander

Ho conosciuto Henning Mankell alcuni anni fa a Milano, alla presentazione di un suo libro. Non ricordo chi lo intervistasse, ma lui quasi dribblava le domande e preferiva interloquire col pubblico. Era divertente, su di giri, forse anche un po’ brillo. Quando mi sono messa in fila per l’autografo, mi ha fatto un gran sorriso e sulla dedica ha scritto: “Constanza”, “beautiful name”, ha aggiunto.

Oggi se n’è andato Mankell, a soli 67 anni, malato di tumore. Con lui, grande scrittore scandinavo amante dell’Africa, se ne va anche Kurt Wallander, il suo ispettore schivo e sfortunato, protagonista della lunghissima serie di polizieschi a lui dedicata.

Attento ai diritti umani e da sempre uomo di sinistra, Mankell era preoccupato per certi rigurgiti xenofobi e per l’amministrazione della giustizia nel suo paese di nascita, la Svezia, e in quello dove si era trasferito negli anni ’70, la Norvegia.

Nell’introduzione a “Piramide” del ’99, scriveva: “Questi romanzi, in fondo, pur nella loro varietà, hanno sempre girato intorno a un unico tema: che cosa è successo negli anni novanta allo Stato di diritto? Come può sopravvivere la democrazia se lo Stato di diritto non è più intatto?”

Henning Mankell ( 3 febbraio 1948 – 5 ottobre 2015)

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