Ultimamente scriveva sui social: fanculo il cancro. Ma il male se l’è portato via comunque, a dispetto della sua voglia di lottare e dei progetti che aveva in campo. Se n’è andato a soli 74 anni, Jean-Philippe Smet, in arte Johnny Hallyday. Non era sicuramente un vecchio per gli standard odierni, anche se le rughe, da tempo, gli avevano mangiato il viso e appannato l’azzurro degli occhi.
Era nato a Parigi nel ’43, da una famiglia di artisti. Poco più che ventenne si avvicina al mondo della musica rock, diventando presto una star. Nei primi anni ’60 nasce il sodalizio, anche amoroso, con la cantante Sylvie Vartan. Una coppia da sballo, sul palco e nella vita: belli, trasgressivi, irresistibili, turbolenti. Primo grande successo di Johnny Que je t’aime, e alcuni trionfi come il concerto sotto la Tour Eiffel e quello insieme ai Rolling Stones.
Ma non solo della musica Hallyday è stato un’icona, anche del cinema. Grandi registi come Lelouch, Costa-Gavras, Corbucci l’hanno voluto nei loro film. Voglio ricordare la sua interpretazione, nell’Uomo del treno di Patrice Leconte (2002), di cui è protagonista insieme a Jean Rochefort (anche lui da poco scomparso). In cui fa il “cascatore” di professione e il rapinatore di banche in incognito. Una maschera triste e disincantata che però conosce la vita nel profondo. Oggi il giovane presidente francese Macron, ha detto: “Abbiamo tutti qualcosa di lui”. Eccome. Adieu Johnny e bon voyage. Où que tu sois maintenant.