Attraversando “Il mare bianco”

”Provate a guardare un punto preciso, lassù”, indicò un angolo del cornicione di pietra che bordava il cortile.
“Alzate un po’ il mento, verso destra”, fece l’uomo. Poi aggiunse ispirato: “Proviamo una posa alla Bertini.”
“Ma io non voglio guardare in cielo”, sbottò Giovannina. “Voglio guardare lui”, puntò l’indice contro il trespolo che le stava davanti.
“Lui chi?”
“Il mio fidanzato. Quello che sta in America.”
Il fotografo sprofondò con un gemito sotto al telo, come a prendere fiato prima di scendere sott’acqua. Il telo ebbe un sussulto e l’uomo riemerse sconsolato.
“Così, con l’ombrellino sotto al braccio, pare che il fidanzato vostro volete minacciarlo.”
Giovannina, serafica, mantenne la posa e il fotografo scattò.
Salvatore Ronga, “Il mare bianco”, Valentino Editore, pag. 73

“Il mare bianco” è il primo romanzo di Salvatore Ronga, regista e autore teatrale ischitano, ispirato alle vicende della sua famiglia tra il 1912 e il 1937, periodo in cui anche a Ischia era forte il fenomeno dell’emigrazione. Pur essendo incentrato su Giovannina Sorrentino, la volitiva protagonista ritratta in copertina, “Il mare bianco” è un romanzo corale, dove ogni personaggio ha una propria specifica caratterizzazione, un ruolo significativo sia nell’ambito del gruppo familiare – allargato a seguito dei vari fidanzamenti e matrimoni, andati più o meno a buon fine – sia nel paesaggio umano di Ischia, disegnato con precisone dall’autore, abilissimo nel delineare i caratteri attraverso i tratti somatici, gli sguardi, le posture, i tic verbali e gli abiti (meravigliose le descrizioni dei vestiti delle ragazze Sorrentino) dei personaggi, fossero anche semplici comparse.
Il romanzo si apre a Ischia, nel 1937, quando, dopo lunghi mesi di silenzio, Giovannina, che vive sola con i suoi due bimbi, riceve una lettera dal marito Vincenzo, pescatore emigrato in California, a San Pedro, dove è riuscito ad arricchirsi col suo lavoro e dove vorrebbe che la sua famiglia lo raggiungesse. Temendone e immaginandone il contenuto, la donna non vuole leggere subito la lettera e la mette in un cassetto. Più avanti, nella notte, ci ripensa e apre con forza il cassetto, causando la caduta sul pavimento del suo contenuto: lettere, tantissime lettere che hanno segnato il corso della vita sua e di coloro che l’hanno attraversata. Giovannina inizia allora un viaggio nel tempo, solcando il mare bianco delle tante lettere scritte nel corso degli anni, rivivendo una vita non facile, costellata di incontri, lutti, speranze, delusioni e amori. Al termine di quella notte insonne, arriverà anche la fine del suo procrastinare il momento di fare la propria scelta.
Le vicende narrate ne “Il mare bianco” attraversano la Storia e il costume: la grande guerra e l’epidemia della Spagnola, la povertà e il riscatto, l’analfabetismo e la cultura, il ruolo delle donne e quello degli uomini, il cinema e la morte di Caruso. Ma, in modo particolare, l’attenzione viene focalizzata sul fenomeno dell’emigrazione dei pescatori ischitani, che, nel corso degli anni, da stagionale era divenuta stanziale, con il conseguente richiamo delle proprie famiglie verso un Nuovo Mondo e una nuova vita, lontana dalle proprie radici, da quel paesaggio isolano così impregnato di odori, colori, sapori, che Ronga ci descrive in un sinestetico capogiro di ricordi e sensazioni, dove le lacrime si alternano alle risate, la tragedia convive con l’ironia, e lo scorrere del tempo mette a posto gli eventi, forse realizzando il disegno di chissà quale oscuro destino.
Lasciarsi catturare dalla scrittura di Salvatore Ronga è un piacere che merita una nota a parte: in un panorama editoriale che sembra premiare l’incuria stilistica (e persino quella grammaticale), pubblicando autori che fanno della sciatteria la loro cifra, leggere i periodi d’ampio respiro di Ronga, le sue descrizioni così precise e accurate nella scelta dei vocaboli, l’eleganza e il fluire della costruzione retorica al servizio della storia narrata, sono un piacere cui è difficile sottrarsi, tanto che, chi ve ne sta consigliando la lettura, ne sente già la mancanza.

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