Alta Moda

Negli Anni ’50 sfilavano per l’Alta Moda giovani donne dell’aristocrazia, spesso quella stessa che creava i modelli. Se non erano già principesse, lo diventavano presto. Profili aquilini, lunghi colli da cigno, espressioni altere, annoiate, assenti, incedere regale leggermente sbilanciato all’indietro, pose improbabili, abiti scultorei bellissimi. Le location: interni sontuosi, esterni casuali.

Negli Anni ’60 e nel decennio successivo sono tutte molto giovani e sottili: Twiggy, detta grissino, Shrimpton gamberetto, l’aliena Donyale Luna, la magica Veruschka, la raffinata Benedetta Barzini. Tutte capelli e parrucche, occhi resi grandi da trucco vistoso e lunghe ciglia finte, bocche poco sottolineate e in genere piccole, pose artistiche assurde, in ambienti asettici fantascientifici creati da cartoni srotolati, oppure in contesti esotici più disparati.

Catalogo sfilate 1956 Copertina di Brunetta
Catalogo sfilate 1956 Copertina di Brunetta

Negli anni ’80 l’Alta Moda è morta e le modelle incarnano super woman della quotidianità, professioniste manager, perfino detective, tanti capelli scalati e spettinati, finto-selvaggi.

A fine millennio riprendono a sfilare mattatrici mito: Cindy Crawford, Claudia Schiffer, Naomi Campbell, sorridenti, carnosamente femminili, con le curve giuste. Sono loro le protagoniste, non gli abiti o gli accessori che indossano.

Con il nuovo secolo la donna-modella entra in crisi: ragazze bruttine, che sembrano malate o dopate nel corpo e nello spirito presentano revival di revival di revival di revival di revival…

Negli ultimi anni, oggi, sembrano lumache striscianti, nessun entusiasmo traspare dalle espressioni, meglio se non nascondono difetti fisici come una vistosa vitiligine. Indossano svogliatamente indumenti che sembra camminino da soli, senza il loro consenso.

E vorrebbero suscitare il nostro?

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