Anna Maria Carpi in una foto di Anna Toscano

Anna Maria Carpi perché la poesia non abbia fine

«Quando avrò tempo» dico
e so che non l’avrò:
mai l’afferro o lo fermo,
non mi sta in mano il tempo,
palpita stride becca vola via.

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E io che intanto
ingombro questa casa come un bimbo
che sparge intorno i giochi
e di far ordine non è mai il momento
e nemmeno è capace, se non viene sua madre.

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Anna Maria Carpi letta da Anna Toscano

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La poesia di Anna Maria Carpi rincorre il tempo, che c’è sempre ma non si fa mai afferrare, non si fa mai agguantare perso com’è in mille incombenze. Par di vederla l’autrice intenta alla sua scrivania a cercare con gli occhi il tempo che gironzola tra pratiche, bollette, scadenze, lei cerca di prenderlo “in mano”, quasi fosse una penna, per fermarlo ma lui irrequieto “vola via”. Le sillogi che raccolgono i testi di Carpi sono un guardarsi attorno, guardare il passato, guardare il futuro sempre nell’intento di cogliere un pezzo di presente: è il tempo presente che vuole bloccare, placcare, con le sue poesie, l’oggi, l’ora, l’attorno, il me e il dunque. Persone, cose, treni, bar, marciapiedi, cene, ristoranti entrano nei versi, li vivono, li sagomano, li rendono eterni: sono versi cui in si sente il brusìo della gente, l’eco di altri autori, il silenzio della casa, il miagolio di un gatto che non c’è più. È una poesia che appare composta, pervasa da una ironia sottile, da un ordine, da una stabilità vestita di metrica e di elenchi di oggetti. È la poesia di un “io” che “ingombro questa casa come un bambino”, e dichiara la condizione lacerante dei “se”, dei “fossi”, degli “avessi”, dei “quando avrò tempo”. Con i se ipotetici la compostezza vacilla, “solo un metro più sotto / c’è la disperazione”, e gli oggetti allineati non reggono più – “di far ordine non è mai il momento” – affiora la comune condizione umana della disperazione alla ricerca di quell’ “altrove, altrove, sono sempre altrove” che è al contempo un altro luogo e un altro tempo. Il tempo va abbattuto, va afferrato, solo così la morte si può sconfiggere, a suon di versi, perché la poesia non abbia fine, perché la vita non abbia fine: “O io sono immortale oppure niente”.

 

 

Anna Maria Carpi, L’animato porto”, Milano, La Vita Felice, 2015

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