Arsenico e vecchie anticaglie

Quanto mi piacciono i vecchi oggetti. I mercatini stendono il tappeto rosso quando mi vedono entrare, sicuri di fare con me ottimi affari, e spesso hanno ragione.
E allora parliamone, di queste cianfrusaglie.
Per esempio le vecchie, enormi zuccheriere dei bar di una volta. Avevano il coperchio che ruotava, a volte anche doppio per consentire l’uso (non contemporaneo) al cliente di dx e di sx, diciamo bipartisan. Con un inconveniente: il cliente (bipartisan) non chiudeva mai il citato coperchio, favorendo il crearsi in poco tempo di uno strato superficiale zelloso (dal romanesco zella=sporcizia) dello zucchero (macchie di caffè, moscerini, altre schifezze). Infatti i più avveduti avevano cura di affondare il cucchiaino in profondità, per servirsi. Causando però in tal modo un antigienico rimescolio della bianca, dolce materia, il che vanificava l’ astuto accorgimento per gli ignari, successivi avventori.

E i telefoni? Quanta tristezza gli attuali cellulari! Tutti o quasi neri e ripetitivi, come piccole repliche, forse non casuali, del mitico monolite di 2001 Odissea nello Spazio. Eppure qualcosa rimane, del passato, almeno nel lessico. Confesso che mi capita di dire ancora “dai, riaggancia!” oppure “mi ha riattaccato in faccia, quella strxxxx!” Perché? Ma perché con i primi telefoni, almeno fino ai modelli pubblici a gettone, la cornetta (!) la dovevi appunto riagganciare, complice la forza di gravità.
Da ultimo, citerò un oggetto in mio possesso: il kit in pesante metallo (poi diventò di alluminio) comprendente il necessario per l’ opportuna bollitura in acqua delle siringhe da iniezioni. Completo ovviamente di siringhe vitree (varie misure) ago, cappuccetti protettivi e aghi di riserva.
Una vera chicca da cui non sogno nemmeno di separarmi. A qualunque prezzo.

 

5 commenti su “Arsenico e vecchie anticaglie”

  1. Susanna Merloni

    Non c’è niente da fare: le anticaglie ci piacciono, ci fanno sentire a casa, sollecitano una serie infinita di ricordi e ci provocano un istintivo moto di tenerezza. Per non dire di commozione.

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