Autobiografia di una femminista distratta

 

L’autobiografia, oramai, sembra sempre più che altro un autoincensamento, la celebrazione dei successi, della fama – eppure di fronte a questa ci stupiamo, perché nulla ne appare. Sin dal titolo. Due parole unite insieme in modo inconsueto, femminismo e distrazione, per definire chi è Laura Lepetit. L’una, femminista, sembra invecchiata oltre misura, anche se è viva nei meriti, che non le sono riconosciuti da chi, uomo o donna non abbia toccato con mano l’incandescenza della passione nella lotta delle donne. L’altra parola, distratta, sembra mal coniugarsi con l’impegno ferreo che presuppone una vita dedicata alla cultura e alla letteratura, nella scommessa di dar voce a scrittrici di altissimo valore, disertate o mai conosciute.

Invece, leggendo Autobiografia di una femminista distratta, capiamo subito che la chiave con cui Lepetit ci racconta di incontri, percorsi, scelte è di una leggerezza e una grazia senza pari. Da vecchia vera signora, Laura ripercorre episodi e tappe della sua vita, ondeggiando tra passato e presente, regalandoci con nonchalance piccole e luminose perle. Sono conoscenze di grandi personaggi, Anna Banti e Leni Riefenstahl, Cesare Garboli e Angelica Garnett, Carla Lonzi, Doris Lessing.

E l’avventura bellissima e necessaria de La Tartaruga. È un episodio di infanzia che le suggerisce il nome della casa editrice che ha deciso di pubblicare solo donne. Un’impresa inizialmente casalinga, nel suo uso più nobile, ma suffragata dall’idea di inventarsi una nuova Hogarth Press alla maniera di Virginia Woolf e, da quella, proporre al pubblico italiano autrici eccelse e testi significativi del pensiero femminile. Non a caso, unendo le due sollecitazioni, Laura Lepetit pubblicherà libri di eccezionale importanza della grande scrittrice inglese.

Privato e politico, nella accezione molto più complessa di un semplice slogan – che pure ha cambiato noi e la società italiana – si mescolano nel libro di Laura. Il privato sono le case, Milano, la campagna, i gatti e le amicizie, intrecciati costantemente con i collettivi femministi, il confronto tra donne che sfocia nella pratica culturale, nel fare letteratura di pregio. La Tartaruga nasce nel 1975 e si espande nel segno di una qualità letteraria attenta e nella fondamentale divulgazione di testi e autrici delle quali si sentiva una terribile mancanza. Più generazioni di donne e lettrici si sono formate e sono cresciute alla consapevolezza tra le pagine di Gertrude Stein e Virginia Woolf, hanno conosciuto Dorothy Parker e Grace Paley, Barbara Pym e Anna Maria Ortese, Alice Munro, Patricia Highsmith e poi saggi di un’importanza vitale. Lea Melandri cura la rivista Lapis, e i primi testi del gruppo filosofico Diotima si diffondono sempre grazie a La Tartaruga. La mia stessa libreria è stracolma di libri con la tartarughina sopra, il simbolo di indipendenza ha segnato la mia vita di donna e scrittrice.

Bello, allora, ritrovare un’epoca nella bella autobiografia che nottetempo ci offre, vedere un percorso di libertà e emancipazione possibile attraverso gli occhi di chi, con felice svagato tratto, ci parla di un’idea come venuta per caso ma perseguita con tenacia e lavoro. È un po’ sempre così con le donne quando si mettono in testa una cosa. Quindi grazie Laura (esteso a Anna Maria Gandini e Rosaria Guacci, fedeli compagne di avventura) per averci messo su un elegante tavola un piatto prelibato e indimenticabile

 

Laura Lepetit “Autobiografia di una femminista distratta ed. Nottetempo euro 12

 

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