snoopy

Avevo un tailleur blu.

Pioveva.
Avevo un tailleur blu.
Era mattina.
Una mattina di ottobre.
La facciata del tribunale come una madre che non capisce. Che ha altro da fare. Una madre sterile. Una mattina come tante.
Il rumore dei tacchi mentre cammino verso la porta girevole.
Sola.
Nella testa il vento della Camargue, la pioggia dietro la finestra di una mattina come questa.
Ridevamo e facevamo l’amore su quel letto scomodissimo che ci piaceva da morire.

L’aria e’ fredda. Ti vedo. Gli occhi spaesati. Come i miei. Come quel giorno che ci siamo sposati. Nove anni fa. Da soli. Quasi per caso.
Il rumore delle nostre scarpe insieme.
Saliamo gradini di marmo. No non stiamo partendo per un viaggio. Non è l’aeroporto di Bangkok. Firmiamo oggi. Ci separiamo.
Il giudice ti guarda. La faccia tesa, arrogante. Sei seduto scazzato. Le gambe larghe, accasciato. Ti riprende.. E io mi arrabbio. Cosa ne sa lui di te, di noi, del nostro bambino?
Me lo chiedi ancora. Ti guardo e vorrei venire lì. In braccio. Chiudere gli occhi.
No. Non Voglio tornare con te. Non posso. Non c’è nessuna possibilità.
Firmiamo. Come quando diventavo tua moglie.
E una musica mi porta via – insieme a tutti i ricordi.

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