Babbo, sei tu?

 

Si trovava intubata, immobilizzata, sedata in terapia intensiva, una grande stanza con otto letti e le luci al neon sempre accese. Spaventata.

Nel dormiveglia all’improvviso sentì il sussurro di una voce maschile molto bassa, ripetuto più volte “non ti preoccupare andrà tutto bene”.

Con il tubo non poteva parlare, ma tentando di muoversi per quel che poteva, cercava la voce nota, domandando mentalmente “Babbo sei tu? ”

La voce non rispose. Le apparve un uomo. Non proprio un uomo vero, era una figura senza corpo. Coperto da un velo di stoffa tipo garza di un colore grigiastro, che gli dava volume e una sorta di leggerezza. Lo vedeva spostarsi veloce da una parte all’altra del letto. Il viso le dava angoscia, era una maschera di sofferenza con occhi e bocca cuciti, una punizione da purgatorio, in attesa del paradiso.

“Babbo sei tu?” continuava a domandare. Lui non rispondeva alla domanda, girava intorno al letto e le mormorava “Starai bene, non devi avere paura, io ti sono vicino. Tu non sarai mai sola. Ci sono io. Ci sarò sempre”. Lo sussurrò diverse volte. Lei sentì una carezza sulla fronte, un’altra sulla guancia. Provò una sensazione di quiete, la paura era scomparsa.

“Babbo mi sarai sempre vicino?”

Silenzio, nessuna risposta, era andato via. Si chiese se fosse l’effetto della morfina, ma era troppo reale.

Non sapendo pregare pianse, le lacrime sgorgavano bagnando il cuscino, i polsi erano legati al letto per evitare si togliesse il tubo. Non le importava.

 

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