L’irruzione, prepotente, dei socialnetwork nelle nostre vite di nativi analogici ha provocato una serie di notevoli alterazioni, nel campo dei comportamenti legati ai rapporti interpersonali. Autentici sconquassi, per la verità.
Ci sono, è chiaro, evidenti lati positivi, riassumibili grosso modo nella possibilità di intessere contatti e conoscenze a larghissimo raggio tenendo tutto sotto controllo senza grande sforzo, disponendo di un pc e di almeno un dito in piena efficienza.
Tra gli aspetti negativi invece ne spicca uno, il classico rovescio della medaglia: la difficoltà di comprensione reciproca in lingua scritta anziché orale. Il dialogo epistolare non esiste più e con esso è sparita l’abitudine alla descrizione dettagliata di pensieri e sentimenti, ormai delegata alla letteratura. In sostanza, l’enorme ampliamento di potenziale comunicativo si traduce spesso in un sensibile peggioramento qualitativo della comunicazione stessa.
Cerchiamo di fissare, senza eccessive pretese sociologiche o semiologiche, qualche motivo alla base del fenomeno.
Innanzitutto si potrebbe affermare, con un pizzico di gusto per l’iperbole, che un’altissima percentuale dei dialoghi orali, tra persone non condizionate da convenzioni di tipo “ufficiale”, suonerebbe pressoché disgustosa, una volta trasferita in forma scritta su Facebook o sui socialnetwork. Dove, in assenza delle intonazioni vocali e della mimica facciale o gestuale, ogni singola parola viene recepita nel suo significato letterale e l’interpretazione, per esempio, di una frase ironica, espressa in modo imperfetto o ambiguo, è lasciata al grado di capacità intuitiva di interlocutori spesso maldisposti. Uno stato di cose che, mutatis mutandis, ricorda le problematiche connesse all’uso delle intercettazioni nelle indagini di polizia e nei conseguenti iter processuali.
Il livello di reciproca conoscenza dei dialoganti è poi, in genere, assai scarso se non proprio inesistente: si tratta, per lo più, di persone che non si sono mai incontrate in vita loro: “amici” che a malapena si sono intravisti in foto sgranate di venti o trent’anni prima e all’oscuro anche di rispettive informazioni elementari.
Aggiungete il momento storico poco propenso alla coltivazione del pensiero positivo e di relativi slanci empatici, aggiungete un pizzico di ignoranza e shakerate il tutto: la nuova Babilonia è servita.