C’è qualcosa di democratico e misterioso nel DNA di questa canzone.
Nel corso degli anni è diventata forse la più famosa canzone che inneggia alla libertà, nonostante si ignori, quando e da chi fu composta.
Non si sa se sia un canto partigiano, delle mondine, un canto tradizionale che affonda le radici nel mondo contadino o altro ancora.
Una traccia della melodia ci porta a New York, nel 1919, tra i solchi di un 78 giri inciso dal fisarmonicista tzigano Mishka Ziganoff, dal titolo “Klezmer-Yiddish swing music”, altri indizi ci conducono nella Val d’Ossola o in Emilia, dove, secondo alcuni, era cantata dai partigiani, altri ancora tra le risaie, intonata dalle mondine. Quasi sconosciuta fino al 1945, deve la sua notorietà a Yves Montand che la incise in Francia e allo spettacolo organizzato al festival dei due mondi di Spoleto nel ’64. Lì fu cantata da Giovanna Daffini.
Oggi quella melodia, arrangiata da Diana Porter, risuona nelle manifestazioni di tutto il mondo con le nuove parole di Nick Balthazar e Stef Kamil Carlens, per sensibilizzare i governi a prendere iniziative contro il cambiamento climatico: “Dobbiamo svegliarci, dobbiamo aprire gli occhi, dobbiamo farlo ora. Dobbiamo costruire un futuro migliore, e dobbiamo iniziare ora. Siamo su un pianeta che ha un problema, dobbiamo risolverlo, essere coinvolti: fallo ora, ora, ora”.
Il video è una sintesi delle manifestazioni organizzate in Belgio il 22 e il 23 settembre del 2012 in cui bambini, giovani, adulti, anziani intonano in più di 180 città la melodia del canto partigiano, rinato per una nuova stagione di lotte.