Non c’è Capodanno che io non abbia pianto, dal 1966 in poi. No, non è il mio anniversario preferito. Ho pianto nelle occasioni più curiose, ballando con un marito innamorato, coccolando i miei figli bambini, abbracciando i miei migliori amici che brindavano e ridevano.
In un fine anno particolarmente lussuoso, nella sala finemente decorata di una splendida villa, a una tavola apparecchiata di Limoges e argenti, ho colmato di lacrime una scodella di caviale. Salatino. Buono, però. Vi ho affogato la mia memoria implacabile e il mio appetito insaziabile.
Educatamente, nel frattempo, gli anfitrioni fingevano di non notare il mio rimmel sbavato e i miei baffoni al beluga.