Bersagli neri

Jennifer Odion o Jennifer Otiotio? Un nome scritto errato per una vittima invisibile.
Jennifer ha 29 anni, è nigeriana, era appena uscita da un emporio africano quando un proiettile l’ha centrata tra spalla e seno e per pochi centimetri non l’ha uccisa. Jennifer lavora, fa le treccine ai capelli, sfatato il mito nera, nigeriana, puttana. Quando viene intervistata dai giornalisti i suoi occhi neri sono pieni di terrore, la voce trema.
E’ ricoverata nella stessa stanza a quattro letti in cui si trova Gideon Azeke, 25 anni, nigeriano che parla solo inglese, operato per rimuovere il proiettile che l’ha colpito alla coscia destra. Gideon è in Italia da tre anni senza documenti, lavora in supermercato, ora ha paura, paura più di quel mare che ha dovuto affrontare per arrivare al una vita degna.
Il più grave è Mahmadou Touré, viene dal Mali e ha 28 anni: è ricoverato in rianimazione, rischia di morire. Mali, e subito viene da pensare che anche lui ha vissuto il tour infernale del deserto, l’attesa senza tempo in Libia, il terrore della notte e delle acque scure, il miraggio di Lampedusa. Il sogno per Mahmadou si è trasformato in incubo.
Wilson Kofi ha solo venti anni, è il più giovane, viene dal Ghana, è stato ferito al torace. Omar Fadera 23 anni, nato in Gambia è stato ferito di striscio. Entrambi scappavano dalla guerra che infesta i loro paesi. Entrambi cercavano solo pace.
Infine il più anziano, Festus Omagbon, 32 anni, nigeriano: ha un buco di proiettile al braccio sinistro. Festus aveva appena iniziato a frequentare un corso da operaio carrellista.
Sono tutti richiedenti asilo, nessuno di loro parla bene italiano. Per identificarli sul braccialetto al polso i medici hanno usato numeri anziché nomi. Trauma fisico e trauma psicologico, ma che importa sono solo bersagli neri.
Ora vi vediamo, nel sangue visibili.

Ivano Fossati – Mio fratello che guardi il mondo 

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